mercoledì 25 gennaio 2012

Estensione a tutti gli esercizi commerciali della liberta' di orari di apertura, vendita dei farmaci di fascia C senza esclusiva delle sole farmacie, eliminate le restrizioni in materia di attivita' economiche ancora vigenti. Le novita' contenute nel decreto Monti, pur essendo l'ennesimo tentativo di liberare le attivita' economiche da tutti quegli adempimenti che gravano ancora sull'avvio e la gestione di una qualsiasi attivita' imprenditoriale, aprono nuove prospettive?

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Decreto Monti
Liberalizzazioni attivita' economiche: arriva la spinta decisiva?

Nel decreto “Monti” accanto alle importanti misure fiscali e previdenziali, tese al consolidamento dei conti pubblici, ci sono alcune disposizioni che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero dare una scossa all’economia, ormai da troppo tempo latente. Infatti, viene estesa, a tutti gli esercizi commerciali, la libertà di orari di apertura (“privilegio” sin qui concesso solo nelle zone turistiche e nelle città d’arte), la vendita dei farmaci di fascia “C” non è più una esclusiva delle sole farmacie, vengono eliminate le restrizioni in materia di attività economiche ancora vigenti.
E’ bene però sgombrare subito il campo da facili illusioni: infatti, quello odierno non è che l’ennesimo tentativo di liberare le attività economiche da tutti quegli adempimenti che, purtroppo, gravano ancora sull’avvio e la gestione di una qualsiasi attività imprenditoriale.
Basta solo fare un breve excursus di tutte le norme che hanno tentato le liberalizzazioni, per rendersi conto,

ben presto che, forse, al di là delle affermazioni di principio, ben poche sono le reali semplificazioni fin qui adottate. Pertanto, una breve sintesi delle norme fin qui succedutesi può servire a capire meglio se questa è, o meno, la volta buona.
Le liberalizzazioni dal Decreto Bersani allo Statuto delle imprese
Partendo dalle semplificazioni amministrative delle varie riforme Bassanini (una fra tutte, la legge n. 241/1990) il primo vero e proprio intervento di liberalizzazione tentato è stato quello del “Decreto Bersani” (D.L. n. 223/2006).
In particolare, l’articolo 3 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto importanti regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale con le seguenti finalità:
- adeguare le norme interne all’ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi;
- garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato;
- assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale.
A tal fine è stato previsto il diritto di svolgere sul territorio italiano, con le modalità ivi indicate, le attività economiche di distribuzione commerciale, compresa la somministrazione di alimenti e bevande, nel rispetto delle disposizioni dell’ordinamento dell’Unione europea in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed m), della Costituzione.
Successivamente, il D.L. 31 maggio 2007, n. 7, convertito dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 è intervenuto su altri settori economici tra i quali le assicurazioni, le farmacie, le autoscuole e le attività di acconciatore ed estetista.
Un nuovo impulso è stato poi dato a seguito l’emanazione della “Direttiva servizi” (Direttiva n. 2006/123/CE), recepita in Italia con il D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59, che ha previsto molte semplificazioni applicabili a qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale.
Seguendo tale solco, sono, poi, stati emanati altri provvedimenti che hanno disposto:
- l’introduzione della "Segnalazione certificata di inizio attività" (SCIA) che ha sostituito la "Dichiarazione di inizio attività" (DIA), ad opera dell’articolo 49 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
- la semplificazione e il riordino della disciplina sullo Sportello Unico per le Attività Produttive (“SUAP”) ad opera del D.P.R. del 7 settembre 2010, n. 160. Arrivando ai giorni nostri, infine, nel 2011 sono state emanate ulteriori disposizioni in tema di liberalizzazioni e precisamente:
- il D.L. n. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011) che sostanzialmente ha previsto:
1) l’adeguamento da parte dei Comuni, Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., dei rispettivi ordinamenti al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge (art. 3, commi 1-4);
2) il rispetto dei principi di libertà d’impresa e garanzia della concorrenza per l’accesso e l’esercizio delle attività economiche. A tal fine, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 138/2011, sono abrogate tutte le restrizioni in materia (ad esempio, le norme che limitano la concessione di licenze o autorizzazioni o i vincoli territoriali o numerici o, ancora, l’imposizione di distanze minime, giusto per citarne alcune), salvo alcune espressamente previste che rimangono ancora valide (in particolar modo, per quelle attività per le quali sussistano ragioni di interesse pubblico connesse alla tutela della salute umana, quali, ad esempio, le farmacie);
- la legge n. 180/2011 (“Statuto delle imprese”) con la quale è stato disposto che :
1) Stato, regioni, enti locali ed enti pubblici siano tenuti a valutare l’impatto delle iniziative legislative e regolamentari sulle imprese, anche con riguardo alle MPMI (art. 6).
2) nel caso in cui dalle normative possano derivare oneri informativi e costi amministrativi per le imprese, l’introduzione delle stesse deve essere effettuata con gradualità e tenendo conto della dimensione, del numero degli addetti e del settore merceologico delle imprese stesse. o gli atti di natura regolamentare e amministrativa devono recare in allegato l’elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese; inoltre non possono essere introdotti nuovi oneri regolatori, informativi o amministrativi senza contestualmente ridurne o eliminarne altri (artt. 7 e 8).
3) le pubbliche amministrazioni sono chiamate a svolgere la loro attività in modo da ridurre o eliminare gli oneri meramente formali e burocratici a carico delle imprese e, per il tramite delle camere di commercio, devono dare adeguata informazione sulla pubblicazione delle norme per l’esercizio di ciascuna tipologia di attività (art. 9).
Novità contenute nel D.L. Monti
Se questo è lo “stato dell’arte” della disciplina sulla libertà d’impresa, non ci si deve meravigliare se il Legislatore sia intervenuto nuovamente. Infatti, a fronte di una copiosa produzione legislativa, i risultati non sono stati soddisfacenti, in quanto sono troppi gli adempimenti ancora richiesti a chi si accinge ad avviare un’attività economica (o semplicemente si trova a gestirla).
La complicazione sta nel fatto che si tratta di una materia che viene regolata, per quanto riguarda i principi, a livello centrale, ma poi, dal punto di vista operativo, la competenza è demandata agli enti locali (regioni e comuni), i quali, non sempre recepiscono pienamente le indicazioni che vengono dall’alto (o quantomeno, in alcuni casi, ne danno una interpretazione non pienamente conforme ai principi delineati).
Con il nuovo decreto, dunque, si interviene ancora una volta sulla materia scegliendo diversi strumenti:
- alcuni mirati a determinate situazioni (si tratta dell’estensione della libertà di orario per tutti gli esercizi commerciali, della libertà di apertura degli stessi – art. 31 - e della “liberalizzazione dei farmaci di fascia C – art. 32);
- altri più di principio (in tale ottica deve essere vista la nuova disciplina sulla liberalizzazione delle attività economiche e l’eliminazione dei controlli ex-ante di cui all’art. 34).
Esercizi commerciali: libertà di orario e di apertura
Come appena accennato, la prima novità riguarda gli esercizi commerciali. Innanzitutto, viene estesa a tutti gli esercizi commerciali, siti in tutto il territorio nazionale, la libertà di non rispettare gli obblighi degli orari di apertura e di chiusura, della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale.
Tale possibilità era stata prevista dall’art. 3, comma 1, lett. d-bis del D.L. n. 223/2006 (comma introdotto dal D.L. n. 98/2011), in via sperimentale, solo per gli esercizi ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte. Dopo un primo tentativo fatto nella manovra correttiva estiva (la liberalizzazione, infatti, era stata prevista nella prima versione del D.L. n. 138/2011, per poi essere stralciata in sede di conversione in legge), ora, tale disposizione viene finalmente recepita e ripristina il rispetto della concorrenza tra tutti gli esercizi commerciali (sia che si trovino in zone turistiche che altrove).
Un ulteriore intervento nel settore commerciale, di più ampio respiro, riguarda poi, l’affermazione, contenuta nel comma 2 dell’art. 31, che “secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente e dei beni culturali”. Dal tenore letterale della norma non traspare nulla di nuovo: però, ora viene concesso, alle Regioni e agli enti locali un minor lasso di tempo (90 giorni) per adeguare i propri ordinamenti alle nuove prescrizioni.
Farmacie: eliminazione dell’esclusiva alla vendita dei farmaci di fascia C
L’altra novità riguarda il settore farmaceutico. L’art. 5 del D.L. n. 223/2006 ha già introdotto una prima “rivoluzione” per le farmacie. Infatti, è stato previsto che:
- i negozi di vicinato (art. 4 , lett. d, D.Lgs. n. 114/1998), le medie strutture di vendita (art. 4, lett. e, D.Lgs. n. 114/1998) e le grandi strutture di vendita (art. 4, lett. f, D.Lgs. n. 114/1998) possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l’esercizio;
- la vendita è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine;
- la presenza del farmacista - obbligato ad un’assistenza “attiva” al cliente - deve essere garantita per tutto l’orario di apertura dell’esercizio commerciale. Il farmacista deve distinguersi chiaramente da eventuale altro personale;
- nell’apposito reparto (da intendersi come spazio chiaramente separato e dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica), il farmaco può essere prelevato direttamente dal paziente, fermo restando l’obbligo per il farmacista di rispondere ad eventuali richieste da parte dei pazienti e di attivarsi nel caso risultasse opportuno il proprio intervento professionale.
Con il Decreto Monti si aggiunge un ulteriore tassello: infatti, l’art. 32 prevede che, negli esercizi commerciali di cui si è detto sopra, che ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come individuate dai Piani Sanitari Regionali, possono essere venduti anche i medicinali di cui all’articolo 8, comma 10, lettera c) della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (si tratta dei c.d. “farmaci di fascia C” e cioè quelli che non sono essenziali e per malattie croniche né di rilevante interesse terapeutico), ad eccezione di quelli che necessitano di una ricetta medica (art. 45 D.P.R. n. 309/1990) e di quelli soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta (art. 89, D.Lgs. n. 219/2006).
I punti vendita dovranno possedere i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi fissati con un apposito decreto del Ministro della salute, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni. Inoltre, viene previsto che:
- negli esercizi commerciali, la vendita dei medicinali deve avvenire, nell’ambito di un apposito reparto delimitato, rispetto al resto dell’area commerciale, da strutture in grado di garantire l’inaccessibilità ai farmaci da parte del pubblico e del personale non addetto, negli orari sia di apertura al pubblico che di chiusura;
- le condizioni contrattuali e le prassi commerciali adottate dalle imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci che si risolvono in una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie quanto ai tempi, alle condizioni, alle quantità ed ai prezzi di fornitura, costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell’applicazione delle vigenti disposizioni in materia;
- è data facoltà alle farmacie e agli esercizi commerciali di praticare liberamente sconti sui prezzi al pubblico su tutti i prodotti venduti, purché gli sconti siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a tutti gli acquirenti.
Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante
Un ultimo capitolo riguarda l’ennesima affermazione dei principi di libertà d’impresa a cui le regioni dovranno adeguarsi. Infatti, l’art. 34 dispone che 1a disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.
A tal fine, ad eccezione delle professioni, dei servizi finanziari e dei servizi di comunicazione, vengono abrogate le seguenti restrizioni previste dalle norme vigenti:
a) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e l’abilitazione a esercitarla solo all’interno di una determinata area;
b) l’imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all’esercizio di una attività economica;
c) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;
d) la limitazione dell’esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;
e) la limitazione dell’esercizio di una attività economica attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica richiesta all’operatore;
f) l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi;
g) l’obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all’attività svolta. In futuro, sarà possibile sottoporre a preventiva autorizzazione l’esercizio di un’attività economica solo se ciò sia giustificato sulla base dell’esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario.
Tra l’altro, l’Antitrust sarà chiamata a rendere il proprio parere in tutti i casi in cui ciò si verifichi. Comunque, se è necessaria la presenza di alcuni requisiti per l’esercizio di attività economiche, dovrà essere possibile autocertificare gli stessi (iniziando, quindi, subito l’attività), salvo il successivo controllo amministrativo, da svolgere in un termine definito (in tal caso restano salve le responsabilità per i danni eventualmente arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività stessa).
Come si può intuire da questa prima lettura della norma, purtroppo, si assiste all’ennesima all’affermazione di principi che rischiano, ancora una volta, di rimanere sulla carta.
di Saverio Cinieri ( dal sito IPSOA Gruppo Wolters Kluwer )

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