venerdì 31 ottobre 2014

COMMERCIO: ANCHE IL 1° NOVEMBRE NON E' PIU' GIORNO FESTIVO


Lo scorso primo maggio l’ultima, grande polemica sulle aperture domenicali dei negozi e ipermercati che da essere la deroga alla norma sono diventate la regola. Le aperture del primo maggio scorso, nel giorno di quella che era la festa del lavoro, suscitò grande indignazione da parte delle Categorie Sociali e dei Sindacati dei Lavoratori che, per la prima volta, venivano colpiti “al cuore” perdendo anche quella che era la loro festa. Dopo quell’ennesima polemica, oggi, si discute delle prossime, imminenti festività e quindi del 1° novembre con la decisione della grande distribuzione organizzata di tenere aperte le cattedrali del consumo mentre le Cattedrali della Fede ne discutono e lo fanno anche nell’ambito del Programma Pastorale Diocesano 2013-2015 dal titolo “La Famiglia tra Lavoro e Festa” della Diocesi di Andria.
Sabato 1° novembre, quindi, centri commerciali aperti con pienone e piccoli commercianti a leccarsi le ferite per avere la sola colpa di voler continuare ad osservare la giornata di riposo conquistata tanto faticosamente. La Festa di Ognissanti è quindi opportunità per tornare a discutere di questo argomento tanto caro anche ad alcune organizzazioni sindacali dei lavoratori che negli anni passati avevano anche minacciato giornate di astensione dal lavoro festivo dei lavoratori del commercio e degli addetti di tutte le attività svolte all’interno dei centri commerciali in alcune province italiane.
Ricordiamo che le liberalizzazioni rinvengono da alcuni provvedimenti governativi come il decreto “Salva Italia” i cui effetti, in due anni, sono stati disastrosi anche per il peggioramento della qualità della vita dei commercianti, delle loro famiglie e della società in generale.
Tornando al programma Pastorale Diocesano la Chiesa partendo da alcuni riferimenti storici quindi dal Congresso Eucaristico di Bari del 2005 e dal Convegno Ecclesiale di Verona del 2006 ha posto grande attenzione al momento della festa domenicale come giorno non solo per “santificare la festa”, come recita il terzo comandamento, ma per stare insieme in famiglia, per riappropriarsi del proprio tempo e delle relazioni trascurate durante la settimana. Anche nell’Incontro mondiale delle famiglie svoltosi a Milano il tema del riposo domenicale è stato tra gli argomenti invocati a sostegno di un tempo più a misura di famiglia.
Oltre alle numerose iniziative avviate in ambito regionale e provinciale sul tema della conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia, anche la decisione della Cei che ha inteso avviare una raccolta firme all’interno delle Parrocchie e sui sagrati delle chiese per chiedere una regolamentazione “più umana” della disciplina e il sagrato viene ritenuto il luogo giusto dove raccogliere le firme perché è tradizionalmente il posto dove si incontrano Chiesa e mondo. Alla base di quella raccolta firme la scelta precisa di voler ricordare che “Cristo è pienezza, è la sintesi tra la dignità umana e quella Divina”.
Intanto ricordiamo l’importantissimo appuntamento programmato per i giorni 19 e 20 novembre presso l’Opera Diocesana “Giovanni Paolo II” di Andria in via Bòttego, 36 dalle ore 19,00 alle ore 21,00, ove si svolgerà un Seminario di Studio al quale sono state invitati i Sacerdoti e Religiosi, i Presidenti e Assistenti Spirituali delle Associazioni laicali a discutere del delicatissimo tema “Per un lavoro dal volto umano. Da dove ripartire?”. L’evento si inquadra nell’ambito del Programma Pastorale Diocesano “La famiglia tra lavoro e festa”.
All’interno dei Gruppi di Lavoro, programmati nella prima e seconda serata, parteciperanno con i sacerdoti ed i religiosi, oltre che i delegati per ogni parrocchia individuati in: Animatore del gruppo giovani; Operatore Caritas o persona impegnata nel volontariato e/o nel sociale; Componente del Consiglio Pastorale Diocesano o Parrocchiale o Zonale particolarmente sensibile al tema del lavoro. I Delegati dovranno preliminarmente alla partecipazione al Gruppo di Lavoro approfondire in particolare il cap. 6 del “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa”, scaricabile anche da internet, intitolato “Il lavoro umano”.
L’Associazione di Categoria Unimpresa Bat, invitata a partecipare ai Gruppi di Lavoro, sarà presente con il suo Presidente provinciale che è anche componente effettivo dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Andria il quale ha presentato la sua disponibilità di partecipazione su invito del Vicario Generale, don Gianni Massaro.
(Andria, 29 ottobre 2014; Area Comunicazione Sociale UNIMPRESA BAT)

Redazione Stato

domenica 26 ottobre 2014

SEGNALI DI RIPRESA IN SPAGNA :PERCHE' NO IN ITALIA ?



 scritto da Infodata il 25 Ottobre 2014

ECONOMIA
L’economia spagnola cresce dello 0,5% e riesce a creare 151 mila posti di lavoro 
nel terzo trimestre. Sulla spinta del turismo e con il risveglio del settore delle 
costruzioni la disoccupazione scende ai minimi da tre anni. Mentre continua a 
rafforzarsi la ripresa, nonostante il rallentamento dell’attività che sta 
coinvolgendo l’intera Eurozona.

I dati dell’Istituto nazionale di statistica indicano che in Spagna il tasso di
 disoccupazione è in costante calo dall’inizio dell’anno e che, nonostante 
l’emergenza lavoro non sia ancora stata superata, le persone senza occupazione
 sono 195.200 in meno rispetto al trimestre precedente. Questi miglioramenti
 riguardano in particolar modo le regioni di Madrid, Valencia e la Catalogna.

martedì 21 ottobre 2014

I CENTRI COMMERCIALI STANNO MORENDO?

I centri commerciali stanno morendo ?

morte centri commerciali
La morte dei centri commerciali per come ora li conosciamo è il tema di una indagine condotta da M&T che pubblica un osservatorio trimestrale.
Il tema è di grande interesse perché il commercio non è un’attività secondaria, ma rappresenta il modo in cui le persone si relazionano tra loro e con i prodotti. Il commercio è soprattutto diffusione di notizie ed informazioni e prima ancora che prodotti e servizi, passano le informazioni.

Diminuisce la redditività e si accorcia il ciclo di vita dei centri commerciali

Il fenomeno è abbastanza evidente ed ha molte cause.
  • Saturazione del territorio e sovrapposizione del bacino di utenza. Un effetto prevedibile dopo aver visto consumare il territorio con la costruzione di capannoni ad ogni colpo d’occhio. Una normalissima indagine di geomarketing ed uno studio sulle isocrone di spostamento delle persone, avrebbe dovuto far riflettere sull’impossibilità di moltiplicare i consumatori al crescere dell’offerta.
  • Offerta identica ed esattamente sovrapponibile. Se ai fine anni ‘80 i centri commerciali rappresentavano una proposta mediamente di qualità medio e di diffusione dei brand, oggi il panorama dell’offerta si è livellato al basso, senza differenziazione di offerta, assortimenti poco estesi e poco profondi.
  • Struttura dei costi alta e non comprimibile. E’ evidente che l’alto costo di gestione delle superfici commerciali rappresenta un problema sia in termini di copertura dei costi che di offerta, poiché l’operatore commerciale cercherà sempre la proposta che possa essere più facilmente venduta. Ma questo meccanismo non fa altro che deprimerel’offerta….
  • Fine del cosidetto shoptainment, la somma di shop +entertainement, acquisto e divertimento . La crisi economica raffredda inevitabilmente lo shopping, e comunque lo shopping sta diventando sempre piùshopping sostenibile.
    Non è la semplice declinazione con un aggettivo di moda. Sostenibile non è solo il punto di vista del portamonete del cliente (che è il punto di vista fondamentale..), ma anche un cambio di valori che la situazione economica sta spostando ad un altro livello.

Quali soluzioni ?

Difficile pensare che si torni ad una situazione precedente con il piccolo commercio del centro storico che riesce a recuperare clienti e redditività.

Il centro commerciale è ancora vincente perché la capacità di risolvere i problemi della spesa in un unico luogo è ancora un forte motivo di interesse e l’artificialità dell’esperienza è secondaria rispetto alla funzione.
In qualche modo è lo stesso meccanismo che regola gli outlet: una finta città rinascimentale (che è il format in cui è concepito il paesaggio urbano italiano…) sembra più vera dei centri storici sedimentati da secoli.
I centri storici in città di dimensioni medie hanno ormai la vita segnata: è impossibile riprodurre la varietà merceologica di qualche decina di anni fa, hanno problemi di accessibilità per la mancanza di parcheggi, ma soprattutto mancano di densità abitativa.Non ci sono più abitanti. Le politiche di conservazione e recupero hanno mirato alla ricostruzione di un’epoca e di spazi abitativi impossibili da usare e se non ci sono abitanti c’è davvero poco da fare. I centri storici urbani sono anch’essi diventati luoghi della memoria, buoni forse per il passeggio domenicale.

Sicuramente il problema va inquadrato in una prospettiva urbanistica.

Da un lato il recupero, se possibile, di una funzione abitativa diffusa nel centro delle città vuol dire metter mano al patrimonio esistente in modo diverso rispetto al recente passato, dall’altro, in molte zone d’Italia ed in particolar modo nel Nord Est, è solo una prospettiva metropolitana che può immaginare delle soluzioni.
Dovunque esista una situazione di metropoli estesa e diffusa sono necessari ripensamenti delle funzioni e degli spazi. Come dice correttamente la ricerca di M&T “se lo shopping allo stato puro è sempre meno attrattivo, occorre andare là dove esistono altri motivi di aggregazione e interesse.Non che lo shopping non possa sviluppare interesse, ma certo che la sua capacità di essere l’unico magnete va ad esaurirsi. “
Le logiche del commercio stanno cambiando rapidamente ed una valutazione appropriata va fatta anche considerando l’integrazione dell’esperienza di acquisto sul web, ben sapendo che anche l’ecommerce vive una moltitudine di declinazioni.
Giovanni Cappellotto
La ricerca originaleLa morte dei centri commercialiè prodotta da Re.d, divisione di M&T
- See more at: http://www.giovannicappellotto.it/88-centri-commerciali-stanno-morendo/#sthash.n1edkzFi.dpuf

domenica 5 ottobre 2014

Ci giunge questa informativa ! Che dire ??!
Eccola qua!!!La famosa lettera dell'Antitrust,denunciata da‪#‎confesercenti‬,giunta come una "manna"pochi giorni prima della votazione finale alla Camera e che ha portato in aula le 6 chiusure al posto delle 12 proposte da ‪#‎senaldi‬.
E' giusto che tutti noi sappiamo come stanno le cose!!!
La ‪#‎GDO‬ deve finirla di decidere della nostra vita!
"Camera dei Deputati
Commissione Attività Produttive
c.a. del Presidente
On.le Ettore Guglielmo Epifani
Palazzo Montecitorio - Piazza Montecitorio00186 Roma
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con la presente segnalazione, adottata nella sua riunione del 9 settembre 2014 ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287/90, intende formulare alcune osservazioni in merito alle restrizioni concorrenziali contenute nel progetto di legge contrassegnato dal rif. A.C. 1240, in cui sono confluiti una pluralità di progettidi legge di analogo contenuto (C. 750, C. 947 di iniziativa popolare, C.1042, C.1279, C. 1240, C. 1627 e C. 1809), il quale ha ad oggetto la "{m]odificadell'art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, conmodificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di disciplinadegli orari di apertura degli esercizi commerciali".
Pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commercialisono svolte senza dover rispettare orari di apertura o chiusura o l'obbligo dichiusura domenicale, il progetto di legge in oggetto detta una serie di eccezionia tale principio, in particolare: (i) all'art. 1 individua 12 giorni all'anno dichiusura obbligatoria degli esercizi, corrispondenti con le principali festivitàannuali, e prevede che "[iascun comune può, per motivate ragioni ecaratteristiche socio-economiche e territoriali, sentite le organi=azioni deiconsumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti,sostituire fino a un massimo di sei giorni festivi di chiusura obbligatoria [come
/previsti dal comma 1] ... con un pari numero di giorni di chiusura" ;(ii) elimina il principio di libero esercizio dell'attività senza prescrizione inmateria di mezza giornata di chiusura infrasettimanale; (iii) all'art. 2 prevedeche i comuni, individualmente o congiuntamente ad altri comuni contigui,possano predisporre "accordi territoriali non vincolanti per la definizione degliorari e delle chiusure degli esercizi commerciali", nell'interesse di "assicurareelevati livelli di fruibilità dei servizi commerciali da parte dei consumatori edegli utenti" e con la possibilità di "valorizzare specifiche zone aventi piùmarcata vocazione commerciale", con la previsione di incentivi, anche fiscali, afavore delle micro, piccole e medie imprese che aderiscono ai quadri orari cosìdefiniti; (iv) all'art. 3 attribuisce al sindaco il potere di "defini[re] ... gli orari diapertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali, indeterminate zone del territorio comunale, qualora esigenze di sostenibilitàambientale o sociale, di tutela dei beni culturali, di viabilità o di tutela deldiritto dei residenti alla sicurezza o al riposo, alle quali non possa altrimentiprovvedersi, rendano necessario limitare l'afflusso di pubblico in tali zone eorari", aggiungendo tale inciso all'art. 50, comma 7, del Decreto Legislativon. 267/00.
L'Autorità, sul punto, intende svolgere le seguenti considerazioni.
\ Si ricorda, in primo luogo, che l'art. 31 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (decreto Salva Italia), hamodificato l'art. 3, comma 1, lettera d-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223,convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (decreto Bersani), il quale, pereffetto delle modifiche così introdotte, dispone che "le attività commerciali,come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte, tra l'altro, senza i seguenti limiti e prescrizioni: (...) d) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura,l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio". A seguito della novella, la normativa nazionale prevede dunque che le attività commerciali non possano essere soggette a limiti in materia di orari di apertura e chiusura dei relativi esercizi.
All'indomani dell'approvazione della citata modifica normativa, tanto l'Autorità quanto la Corte costituzionale si sono espresse in più occasione a sostegno della necessità di preservare gli obiettivi pro-concorrenziali perseguiti dal legislatore in ossequio ai principi comunitari. In particolare, l'Autorità ha considerato che "le restrizioni alla libertà degli operatori economici in materia di orari e di giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali ostacolano il normale dispiegarsi delle dinamiche competitive, riducendo la possibilità degli operatori attivi di differenziare il servizio adattandolo alle caratteristiche della domanda e sono, pertanto, suscettibili di peggiorare le condizioni di offerta e la libertà di scelta per i consumatori, senza per altro avere una valida giustificazione ìn termini dì efficienza dal punto dì vista degli operatori, né tanto meno in particolari interessi pubblici" . La reintroduzione di vincoli in materia di orari di apertura e chiusura dei negozi rappresentano
un ostacolo . Sotto questo
profilo, suscitano perplessità tanto la possibile reintroduzione da parte dell' di un obbligo dí chiusura giornaliero previsto per alcune festività tra cui l'abolizione del principio di libero esercizio dell'attività
senza prescrizione in
materia di metà giornata di chiusura settimanale.
Analogo carattere restrittivo assume la _possibilità per i comuni di
predisporre accordi territoriali per la definizione degli orari e delle chiusure_
degli esercizi commerciali: l'art. 2 prevede infatti che i comuni,
individualmente o congiuntamente a altri comuni contigui, possano
........
predisporre accordi territoriali in materia di orari con la possibilità di"valorizzare specifiche zone aventi più marcata vocazione commerciale", con la previsione di incentivi, anche fiscali, a favore delle micro, piccole e medie imprese che aderiscono ai quadri orari così definiti. Tali accordi sono suscettibili di rappresentare un parametro di riferimento idoneo a disincentivare comportamenti autonomi degli operatori e, in definitiva, limitare il margine di confronto competitivo.
Simili considerazioni possono essere svolte con riferimento al pzze del 5,sindaco di cui all'a totale potere appare particolarmente penetrante nella misura in cui consente a questi dí definire gli orari di apertura in termini
generasse determinate zone •e erri orzo comunale". Al contrario,l'Introduzione di vincoli alla libera iniziativa economica deve essere limitata a quanto strettamente necessario per il perseguimento di specifiche esigenze di
Parere reso ai sensi dell'art. 21-bis n. AS1022 del 28 febbraio 2013, Comune di Bolzano, in Boll. n. 9/13. In talsenso, sussiste una lunga serie d'interventi dell'Autorità (cfr., e.procedimenti nn. AS775, AS381, AS194,S1406, AS901, AS480, S1537. S1363, S1478, DC7743 S1681), tanto prima quanto dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma I, del decreto Salva Italia.
interesse da valutare con riferimento al singolo caso di specie in
ossequio al principio di proporzionalità.
Peraltro, va inoltre considerato che lo stesso decreto Bersani
come modificato dall'art. 31 del decreto Salva Italia, dichiara di dare attuazione alle "disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi" e si prefigge di"garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità edil corretto ed uniforme funzionamento del mercato". La Corte Costituzionale nelle recenti sentenze nn. 38/2013 e 299/2012 ha osservato che la rimozione dei limiti normativi concernenti il rispetto degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali, l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio risponde all'esigenza di ottemperare alle "disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato
Tale normativa, anche secondo la Corte, attua "un principio di liberalizzazione,rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche". L'eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali "favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all'ingresso di nuovi operatori e amplia la possibilità di scelta del consumatore".
Anche l'art. 31, comma 2, del decreto Salva Italia ha disposto che"secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute,dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali".
In definitiva, l'Autorità ritiene che la legge in oggetto integri una violazione dei principi a tutela della concorrenza nella misura in cui contempla l'introduzione di possibili limiti all'esercizio di attività economiche .in evidente contrasto con le liberalizzazioni di cui è espressione l'art. 31 del decreto Salva Italia. Peraltro, la proposta in oggetto rappresenta
non solo un potenziale ostacolo al libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali ma si pone in contrasto con la normativa comunitaria, in quanto è suscettibile di reintrodurre significativi limiti all'esercizio di attività economiche aboliti dal legislatore nazionale in attuazione del diritto comunitario.

L'Autorità auspica che le osservazioni rappresentate siano tenute nella debita considerazione nell'ambito della discussione parlamentare concernente l'eventuale approvazione di modifiche dell'art. 31 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,n. 214, in materia di disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
IL PRESIDENTE
Giovanni Pitruzzella"

sabato 4 ottobre 2014

Giulia D'Ambrosio, presidente di CommercioAttivo, Interviene insieme ai vertici nazionali di Confesercenti, Federstrade, Domenica No Grazie, ed imprenditori del commercio di tutta Italia, alla conferenza stampa tenutasi il 1° ottobre presso la Camera dei Deputati, in merito alle sei chiusure domenicali, per sottolineare l'iniquità di quanto approvato.

         Audizione Camera dei Deputati 1° ottobre 2014
201410011100

L'intervento di Giulia D'Ambrosio
























Il testo integrale:
Gentile Commissione,Mi chiamo Giulia D’Ambrosio ed in qualità di presidente dell’associazione COMMERCIOATTIVO,rappresento qui la voce dei piccoli esercenti del Molise, una piccola regione del centro-sud con 320.000 abitanti divisa in 136 piccoli comuni. In Italia esistono 8094 comuni di cui il 70% al di sotto dei 5000 abitanti. Valle d’Aosta(98,6%), Molise(91,9%)e Alto Adige(90,1%).2047 comuni possiedono aree naturali protette. nei piccoli comuni lavorano 400.000 imprese agricole impegnate nelle colture tradizionali,nel mantenimento delle tipicità alimentari e nella tutela del territorio. Le famose “cattedrali nel deserto” collocate per lo più nei punti strategici e nei maggiori snodi stradali,corredati da mega parcheggi, hanno letteralmente stravolto il commercio di prossimità fagocitando migliaia di piccole imprese commerciali(circa 26.000 le chiusure di attività nel solo 2014). la liberalizzazione degli orari del commercio ha avuto effetti devastanti non solo nei centri urbani di tutta l’Italia desertificandoli,ma soprattutto nelle aree interne e in quei piccoli comuni ormai privi di attività economiche che possano supportare la sopravvivenza delle comunità che in essi vivono.restano i vecchi, aumentano i disservizi e i disagi e si assiste alla diaspora dei giovani in cerca di lavoro ,non solo verso i centri più grandi, ma sempre più spesso verso paesi stranieri. Viene minacciato un intero tessuto imprenditoriale che andrebbe sostenuto in quanto capace di valorizzare una straordinaria risorsa in grado di trasformarsi in forza economica e sociale per una nuova fase di sviluppo.La completa liberalizzazione non attuata negli altri paesi d’Europa agevola di fatto la grande distribuzione,favorisce lo smercio di prodotti esteri a danno del prodotto nazionale,concentra la ricchezza nelle mani delle grandi lobby del commercio spesso di altre nazionalità.Su ogni piccolo esercizio ruotano tante figure che non sono rappresentate solo da titolari e dipendenti, ma anche da tutte quelle professioni, messe fortemente in crisi, come i commercialisti,i trasportatori,gli artigiani e le piccole e medie imprese, produttrici del made in Italy, nostre fornitrici.

stiamo creando così migliaia di nuove povertà,mettendo a dura prova anche le nostre stesse famiglie .Il mercato da solo non gestisce la crescita perché la domanda è debole e le famiglie non hanno soldi. Il commercio tradizionale va incentivato e ristrutturato con nuove proposte per stare al passo con un cambiamento epocale. Le 12 festività non vanno toccate e con 12 domeniche di apertura crediamo si possa davvero mediare. Il vero problema sono le disuguaglianze crescenti nella nostra società. minacciare le piccole imprese spesso a conduzione familiare rischia di indebolire ulteriormente quel modello sociale a cui spesso facciamo riferimento e che si fonda sulla famiglia. Vero è che noi vogliamo preservare oltreché il mero aspetto economico, l’equilibrio delle nostre famiglie che non può ridursi a sterile utilitarismo ma che serve a guidare e accompagnare i desideri più profondi dei nostri figli e dunque del futuro del nostro Paese.
Giulia D’Ambrosio-Presidente COMMERCIOATTIVO-CAMPOBASSO(MOLISE)

il video integrale della conferenza stampa presso la 
camera dei deputati sulla legge in parlamento delle aperture domenicali: 



Il messaggio del nostro Vescovo  Bregantini  impossibilitato ad intervenire.



le aperture in alcuni stati Europei:


Alcune Immagini:








Muzicons.com





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