mercoledì 11 gennaio 2012

"LIBERALIZZAZIONE... O LIBERTINAGGIO..." è il titolo di una e-mail inviataci da una lavoratrice Campobassana che volentieri pubblichiamo integralmente.

 " Liberalizzazione… o libertinaggio…"

Poco più di due anni fa, eravamo nel novembre 2009, molti di noi ( ma non abbastanza..) manifestavano la propria indignazione e disapprovazione nei confronti della promulgazine della legge regionale sul commercio che introduceva la deroga di 32 domeniche + 4  inerenti l’apertura festiva degli esercizi commerciali, paventando la necessità di rispondere alle sempre più crescenti richieste dei cittadini unitamente all’impegno di incrementare sviluppo e crescita economica. E’ singolare come, nei fatti, questi “encomiabili  propositi” , partoriti da altrettanto “emeriti geni “ della nostra amministrazione, siano stati smentiti da una crisi economica/politica/finanziaria/sociale che nel 2011 ha praticamente soppiantato ogni barlume di ottimismo e di aspettative !!!  E, se è vero che la grave situazione è risultata essere la sommatoria di condizioni  e presupposti di carattere globale, è altrettanto vero che il tutto ha ampiamente e nuovamente dimostrato che: SI PUO’ TENERE APERTI UN ESERCIZIO COMMERCIALE ANCHE 24 h SU 24, E PER 365 GIORNI ALL’ANNO, ma ciò non serve se non ci sono soldi per spendere !! Lo avevano percepito le stesse “lobbies” ( grande distribuzione) promotrici dell’iniziativa a proprio favore, quando, a fine della primavera scorsa, chiesero la sospensione delle deroghe per
tutto il periodo estivo – posticipandolo ai mesi di settembre ed ottobre – e lo si è visto nel corso dell’appena trascorso periodo natalizio, durante il quale, nonostante l’apertura initerrotta dei negozi (molti dei quali hanno giocato la carta dell’ orario continuato), le vendite hanno subito, mediamente,  un calo del 20% rispetto all’anno precedente. Cos altro dobbiamo ancora sperimentare prima di capire che, semplicemente, ai potenziali acquirenti non manca il tempo bensì il denaro?? 
Quando si parla della liberalizzazione degli orari, la prima cosa che mi viene in mente è: prolungando l’orario di apertura degli esercizi commerciali, gli stessi dovranno, logicamente, sostenere un aggravio delle spese fisse ( energia elettrica, servizio aggiuntivo del personale addetto alla vigilanza, ricorso a personale aggiuntivo, solo per citarne alcune ); orbene, su chi mai graveranno questi costi ulteriori se non sul consumatore finale???!! Non solo: mentre la grande distribuzione riuscirà, come sempre, a far fronte al sostenimento di oneri aggiuntivi, stabilendo ed orientando –come la legge del mercato le consente- i costi e le scelte dei prodotti e dei servizi, come faranno le piccole imprenditorie, a carattere prevalentemente familiare, a competere con essa? Laddove la prima può contare su nuove e vantaggiose assunzioni, personale turnante ed agevolazioni che, a vario titolo, le amministrazioni locali le riservano ( sempre più spesso a scapito del centro cittadino e delle periferie ), le altre non potranno reggere ad oltranza l’onere di un lavoro che si trasforma da fonte di reddito in vero e proprio “gioco al massacro” , che non prevede più festività, turni di riposo infra-settimanali, ferie per sé stessi e per quello o quei dipendenti. Allora, DOV’è TUTTA QUESTA SPINTA ALLO SVILUPPO ED ALL’OCCUPAZIONE ?! La logica mi suggerisce una sola, ovvia, risposta:l’intento vero di questa presa in giro  non è altro che lo strumento attraverso il quale si realizzerà l’eliminazione dei piccoli commercianti e l’affermazione del monopolio dei centri commerciali. Essi stabiliscono, ormai da tempo, il prezzo dei nostri alimenti; decidono che “le zucchine debbano costare più in estate che in inverno” (perché questo è ciò che a loro conviene); che “le arance africane” siano più convenienti di quelle siciliane; che le carni francesi sono migliori di quelle nazionali; che il nostro tempo libero debba essere interamente trascorso nelle loro gallerie; che perfino i convegni tematici sulla nostra salute vadano affrontati comodamente seduti nello spazio antistante dei loro bar ( mentre i nostri figli giocano spensierati nelle loro ludoteche… ); che la nostra vita, tutta, sia gestita da loro. La responsabilità di questo scempio, di questo mortificante ed umiliante depauperamento della facoltà di discernimento e libera scelta di ciascuno di noi, non è –va detto- unicamente imputabile a questi colossi del mercato; quale replica o gesto di disapprovazione noi attuiamo per cotrapproci a tutto ciò? Basta ascoltare quelle “casalinghe” interviste ai frequentatori abituali degli esercizi commerciali, per rendersi conto di quanto basso sia il livello di interlocuzione ! Cosa significa affermare: “si, concordo con l’apertura liberalizzata, perché posso fare la spesa anche dopo l’orario di lavoro”.?? L’orario di lavoro di chi?? Di quelli che dopo l’ufficio, alle 18.00 di sera, hanno ancora voglia e tempo di andare in giro, o di quelli che già ora ( uscendo alle 21.30, se va bene ), inquadrano solo l’auto nel parcheggio e mirano a rientrare a casa per cenare ad un’ora quasi indegna?! La verità è che si pensa sempre e soltanto secondo il proprio tornaconto personale, senza soffermarsi a riflettere sul fatto che esiste un distinguo tra ciò che è servizio di sociale utilità ( e l’acquisto di un paio di collant o di un pacco di fazzolettini non lo è..) e quel che non lo è !! Vogliamo davvero essere equi? Allora esigiamo che tutto e tutti lavorino sotto il “regime” della liberalizzazione: voglio poter andare all’anagrafe e richiedere un certificato quando esco dal lavoro (alle 22.00 ); voglio che il mio medico di famiglia, non la guardia medica, sia allo studio anche di notte, perché mi fido solo di lui; voglio che tutte le farmacie effettuino il servizio notturno, perché se ho bisogno non posso scandagliare mezza città, prima di trovare quella aperta; voglio che nostri governanti (locali e non ) lavorino a pieno regime ed indicano consigli anche di notte, visto quel che guadagnano; voglio che in banca i consulenti ricevano anche la sera, tardi, quando io esco dal lavoro; e si potrebbe andare avanti così all’infinito. C’è qualcuno, tra le categorie citate, che se ne risente?? Se così fosse –e lo spero- allora è il caso che ognuno di noi si domandi dove ci porterebbe tutto questo. Il progresso implica delle regole, ed alle regole ci si adegua, tutti. Quel che si vuol perseguire è una condizione di libertà che non elargisce pari condizioni per tutti e favorisce pochi a scapito di tanti. Bisogna impegnarsi nel promuovere iniziative e strumenti che consentano ai cittadini di aumentare la propria capacità di spesa e non aprire loro le porte dei negozi nell’ intero arco delle 24 ore con il portafogli vuoto ! Quando si può spendere non esistono chiusure e tempi che tengano: si fa la fila; si va entro le 20.00; si va entro il sabato, e si compra. Punto. E se sul mercato, in quel momento, concorrono tutti (piccoli e grandi imprese), sono il mercato ed il consumatore a trarne vantaggi ! 
C. D.

1 commento:

Commercio Attivo ha detto...

Friederich A. von Hayek scrisse che il fondamento del liberalismo sta nel principio in base al quale nella “macchina sociale” dobbiamo fare uso il più possibile delle sue forze spontanee, ricorrendo il meno possibile alla coercizione e tale principio sarebbe suscettibile di una infinita varietà di applicazioni. Ma invece di discutere come meglio utilizzare le forze spontanee per il miglioramento della macchina esistente, invece di identificare le strade per utilizzare al meglio le forze della concorrenza quale principio di organizzazione sociale e mezzo per indirizzare gli sforzi individuali e per progredire; invece di pensare a tipi di legislazione o a forme di istituzioni che la potessero far funzionare meglio, questa macchina la si è fatta a pezzi. La si è rimpiazzata con il dirigismo, l’organizzazione della coercizione e la lotta universale contro la concorrenza e il mercato. E oggi ne paghiamo le conseguenze. Egli previde che l’economia controllata, scuotendo le fondamenta del mercato avrebbe potuto minare il primato del diritto. Infatti lo scopo di dirigere l’attività privata verso fini particolari imposti per il perseguimento di “obiettivi sociali” e di “redistribuzionismo” avrebbe comportato la progressiva sostituzione del diritto privato, che riguarda le norme di mera condotta delle attività private, col diritto pubblico, che è invece imperniato sulla subordinazione dei cittadini all’autorità.

Trasformando l’ordine spontaneo in “organizzazione”, al fine di farla funzionare, si sarebbe dato allo Stato il potere di controllare ogni cosa facendo diventare i cittadini "oggetti" della pubblica amministrazione.(GERARDO COCO)Economista

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