sabato 27 marzo 2010

LA FAMIGLIA.

di
Giulia D'Ambrosio
Quando penso alla famiglia, nel senso figurativo del termine, mi vengono in mente quelle belle fotografie in bianco e nero degli anni '30/'40, in cui, primeggianti e rigorosamente in posa, c'erano il nonno e la nonna seduti e d'intorno, in piedi, il resto della famiglia, in prima, seconda e terza generazione. Autorevole la figura femminile, assurta quasi a simbolo di una progenie.

Simbolo della procreazione e del governo familiare. La figura maschile, il padre, accanto alla consorte con sguardo altero e forte quasi ad incardinare, insieme, la roccaforte familiare.

Non so se in questo evo postmoderno che ci assedia, la struttura della famiglia, come organizzazione sociale, potrà resistere ai contraccolpi delle tante solitudini che oggi coabitano in ogni nucleo familiare. Non che il passato disegni sempre e comunque qualcosa di perfettamente nostalgico, ma la famiglia con tutte le sue contraddizioni, ha funzionato da ammortizzatore sociale.

Un piccolo gruppo cooperante, solidale nei momenti difficili, capace di sopravvivere anche in condizioni di difficoltà. È così che l'Italia del primo dopoguerra si è pian piano rialzata. Nella cultura del lavoro inteso proprio come fatica. Nel nostro dialetto molisano lavoro si traduce proprio con fatija e bene lo descrive Eugenio Cirese in questi quattro versi: “Chest'è la terra de la bona genta / che penza e parla senza furbarìa / veste all'antica, tira alla fatija, / vò bene alla fameglia e iè contenta”. Come a dire: basta così poco per essere felici. Non cito queste parole per negare che i popoli delle altre regioni non siano simili alla nostra gente, ma solo per sentire nella comunione linguistica il senso profondo che tra le nostre genti semplici potessero avere parole come “lavoro” e “fatica” in seno al nucleo familiare.

La famiglia contiene sentimenti positivi ma anche grandi contraddizioni e per ciascuno di noi rappresenta l'impronta del nostro carattere, del nostro porci in relazione con gli altri. In una parola, il bagaglio che ci portiamo appresso durante il viaggio avventuroso della nostra vita. Le tessere di un complicato puzzle costruiscono il nostro carattere cominciando proprio tra le mura domestiche, dove impariamo ad esprimerci ed a costruire le prime relazioni affettive. C'è da sperare che si tenga in vita un fitto dialogo tra genitori e figli e che si trovino ancora momenti di convivenza piena.

La famiglia oggi, nella corsa quotidiana e individuale, appare più come propulsore di atomi impazziti alla ricerca della felicità, virtuale o artificiale, solo a volte reale. Legami familiari fragili, precari, in cui si stenta a riconoscere questa comunità originaria come anima del mondo. Una piccola comunità dove coltivare insieme valori morali, responsabilità e solidarietà. I momenti in cui la famiglia vive veramente unita, anche se sotto lo stesso tetto, sono sempre più esigui, ed ecco che il figlio talvolta è un individuo per molti versi sconosciuto al quale si concede una vita ricca di possibilità materiali ma con il quale non condividiamo più i dubbi, le incertezze o i drammi interiori. Fuori c'è la strada, ci sono gli amici e spesso tanto vuoto, specialmente in quelle ore della notte, ore in cui non si dorme tranquilli fino a quando non si sente riaprire la porta di casa, finalmente. Sperando che ad attenderli ci siano ancora una madre ed un padre che si amano. Famiglia, nido o prigione, una entità che col suo carico di affetti, interessi, drammi e passioni sembra precipitare in un nulla senza significato.

Eppure quello della famiglia è un fenomeno presente in ogni tipo di società, fondata sul doppio legame uomo-donna, genitori-figli, è il luogo in cui si trasmette l'esperienza morale elementare (ethos), in cui ognuno è riconosciuto come persona . Nello scambio tra le generazioni si formula una promessa di felicità, si educa alla fiducia, alla speranza, alla giustizia ed alla lealtà.

Ritorno a quella vecchia immagine in bianco e nero non per rispolverare fantasmi del passato, ma per dire che ora più che mai ci serve un patto tra le generazioni e quale il luogo migliore per ricominciare, se non il nostro nucleo familiare? ☺

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