domenica 10 giugno 2012

BREGANTINI: "dai vescovi un no al lavoro domenicale"


 L'ARCIVESCOVO. Riflessioni sulla contemporaneità, mafia compresa   

Al palazzo delle Opere sociali, in piazza Duomo, una composta folla si accalca nel salone. Non ci sono nemmeno posti in piedi, come sta accadendo spesso in questi giorni di Festival Biblico. C'è anche chi, in uno spazio adiacente, segue l'evento su di un maxischermo. Ad un anno e ad un festival di distanza torna monsignor Giancarlo Bregantini, oggi, arcivescovo di Campobasso; ieri, dal 1994 al 2007, vescovo di Locri. Uomo pacato e mite, chiamato, in tempi non troppo lontani, ad essere pastore in terra di mafia. La persona giusta per dipanare il tema dell'incontro “La paura e la speranza: pensieri e percorsi per l'uomo di oggi”. Incalzato dal giornalista del quotidiano Avvenire, Paolo Lambrusci, all'inizio della testimonianza, Bregantini salpa con San Paolo su di una nave romana per essere giudicato nella capitale dell'impero. Un viaggio difficile, spaventoso, facilmente assimilabile a quanto le cronache della crisi, economica e non solo, raccontano. Un percorso, però, che parla, anche, di speranza. « La Lettera ai Romani di San Paolo - spiega in piedi di fronte alla platea mons. Bregantini- è una metafora perfetta per comprendere il rapporto tra paura e speranza. Spesso viene da chiedersi se sia possibile continuare a sperare, davanti a notizie allarmanti, a situazioni di difficoltà legate alla crisi, o davanti alla forza della mafia. Se pensiamo a libri come “Gomorra” di Saviano, che raccontano efficacemente la spregiudicatezza e la forza delle mafie, rischiamo di sentirci sconfitti. Io credo che dopo, aver analizzato la situazione, come è bravo a fare il giornalista, occorra dire


quali siano le soluzioni. Bisogna ricordare la differenza tra forza e violenza. La prima viene dall'interno è data dalla convinzione, la seconda è esteriore, perché un mafioso è vuoto dentro. San Paolo prima suggerisce, poi analizza, in seguito si affida a Dio con la preghiera, e poi agisce». I problemi quotidiani non mancano. Oltre alla cancrena mafiosa, c'è altro. Crisi, paura per il futuro, smarrimento, anche nelle celebrazioni. Il mondo accelera e non si sa bene dove vada, lo si capisce anche dalle piccole cose. «Vengo ora dal congresso episcopale Cei - continua, anticipando quanto discusso con i colleghi di tutt'Italia - e molti vescovi si ponevano il problema delle domeniche di lavoro. La celebrazione è importante. Detta anche i tempi della vita. Lavorare la domenica non va bene. Tornare alle Scritture aiuta serve ad immaginare il futuro con speranza. La crisi economica è come l'inverno, gli alberi perdono le foglie e restano spogli, ma sopravvivono. Con l'aiuto di Dio dobbiamo fare come Leopardi nell'Infinito, immaginare, di più, intravedere, un futuro di luce». C'è luce, forse, in fondo al tunnel ed ogni tanto, credenti o no, fa bene sentirlo.
http://www.ilgiornaledivicenza.it Pietro Omerini Zanella

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