martedì 18 giugno 2013

L'economia della felicità, di Helena Norberg-Hodge.

L'Economia della Felicità

it-eohL'Economia della Felicità descriva Un Mondo Che SI Muove simultaneamente in causa Direzioni opposte. Da ONU Lato, Una diabolica Alleanza di Governi e Grandi Imprese continua a promuovere la Globalizzazione e il Consolidamento del Potere corporativo. Allo Stesso tempo, la Gente di Tutto Il Mondo SI sta opponendo una QUESTE Politiche, chiedendo Una Nuova regolamentazione del Commercio e della Finanza, e, Lontano Dalle Vecchie Istituzioni del Potere, Stanno cominciando a forgiare ONU Futuro Molto Diverso.Comunita SI Stanno Unendo per Ricostruire una Misura d'Uomo economie ecologiche basate su delle Nazioni Unite Nuovo Paradigma - un'economia di Localizzazione.
Ascoltiamo ONU Coro di Voci provenienti da sei Continenti, TRA cui Vandana Shiva, Bill McKibben, David Korten, Samdhong Rinpoche, Helena Norberg-Hodge, Michael Shuman, Zac Goldsmith e keibo Oiwa.CI DICONO Che il Cambiamento Climatico e il Picco del Petrolio ci Danno ben poca Scelta: ABBIAMO Bisogno di localizzare, ovvero di portare a casa l'economia. La Buona Notizia E il Che, Nel Momento in cui ci muoveremo in this Direzione, inizieremo Non Solo un guarire la terra, ma also a ripristinare Il Nostro Senso di benessere. L'Economia della Felicità CI Sfida a ripristinare la Nostra fede nell'umanità, CI Sfida un Credere Che SIA possibile Costruire Un Mondo Migliore.
"Ogni governo ha sostenuto le grandi banche, i grandi business e le corporation internazionali a scapito delle economie nazionali, regionali e locali. Questo principio è il cuore di quello che io penso sia sbagliato. Le grandi corporation e le grandi banche straniere non possono rispondere ai bisogni delle persone del Paese e del territorio. Abbiamo bisogno di cambiare direzione per agire a favore sia delle imprese che delle banche entro i confini della nostre politiche, entro quelle strutture visibili, dove facciamo business responsabile e che quindi possono essere regolate. Abbiamo bisogno che la società operi dal basso!" Helena Norberg-Hodge
Il Passaparola di Helena Norberg-Hodge, fondatrice e direttrice del ”International Society for Ecology and Culture” (ISEC) e vincitrice del Right Livelihood Award
Dal mio punto di vista, e dal punto di vista del mio Istituto ISEC, è cruciale diffondere quella che io chiamo alfabetizzazione economica. Questa è la chiave per comprendere che ogni governo ha sostenuto le grandi banche, i grandi business e le corporation internazionali a scapito delle economie nazionali, regionali e locali. Quasi dall’inizio dell’economia moderna percorriamo questa strada basata sul principio dei vantaggi competitivi ossia: “non è nel tuo interesse produrre per i bisogni del tuo paese o della tua regione, invece è nel tuo interesse specializzarti per le esportazioni”. Questo principio è il cuore di quello che io penso sia sbagliato. Credo che ci sia stata buona fede, ma cieca, una cieca buona fede.
Le grandi corporation e le grandi banche straniere non possono rispondere ai bisogni delle persone del Paese e del territorio. Abbiamo bisogno di cambiare direzione per agire a favore sia delle imprese che delle banche entro i confini della nostre politiche, entro quelle strutture visibili, dove facciamo business responsabile e che quindi possono essere regolate. Questa è una distinzione molto importante perché possiamo andare sia oltre il socialismo e il comunismo, sia oltre il capitalismo delle corporation. C’è un sentiero dove la creatività, la creazione di profitto, gli interessi, possono funzionare in modo giusto e creativo purché queste strutture siano più a misura d’uomo, responsabili e visibili.
Abbiamo bisogno che la società operi dal basso, secondo quello che noi chiamiamo il principio di sussistenza per cui ogni Regione dovrebbe produrre la maggior parte del grano, del latte, del formaggio, delle verdure. I principali alimenti base del fabbisogno quotidiano devono essere localizzati e decentralizzati. Per facilitare la localizzazione del business responsabile e visibile, è molto importante anche studiare il movimento per il cibo locale che è cresciuto rapidamente, in particolare in America, Inghilterra, Australia. In molti casi i contadini hanno passato la loro vita a produrre un solo prodotto per mercati lontani vendendo a supermercati. C’era intensa pressione per produrre solo una o due cose ma per avere dimensioni standard, forme standard, prodotti standardche si adattino alle macchine per il raccolto, per il trasporto, per l’imballaggio, che si adattino agli scaffali dei supermercati. E ogni volta l’ingegneria genetica con i semi ibridi assicurano che
l’obiettivo è il profitto per gli investitori stranieri, e non sul cibo salutare e nutriente per le persone.
Il risultato finale è stata l’economia del cibo più inefficiente che si possa immaginare. Oggi abbiamo una situazione in cui, in tutto il mondo, il latte e il burro dell’altra parte del mondo costa meno del latte e del burro locale. Questo è un trend universale. I governi hanno incoraggiato, a causa del principio del vantaggio competitivo, la costruzione di una infrastruttura globale a spese delle infrastrutture locali, una deregolamentazione del movimento globale delle merci e dei capitali, mentre hanno sovra-regolamentato a livello nazionale e locale. Gli attori locali non hanno possibilità di competere con questi monopoli di fatto che ricevono soldi delle nostre tasse e fanno profitti con il cibo proveniente da lontano mentre noi “uccidiamo” i nostri contadini. L’intera infrastruttura locale, tutte le persone coinvolte nell’economia del cibo vengono distrutte. La stessa cosa accade con i materiali da costruzione: quasi ovunque si trovano materiali prefabbricati altamente tossici. Alluminio e plastica hanno sostituito il legno, la pietra, il fango, cioè i materiali da costruzione che abbiamo impiegato per migliaia di anni. E ci viene detto che questi nuovi materiali sono meno costosi. Ma non lo sono! Ci costano tantissimo in termini di estrazione dei minerali, dell’enorme quantità di energia che richiedono e di trasporto, dato che sono prefabbricati da grandi industrie e trasportati per mare in tutto il mondo. Nel frattempo gli stili architettonici con cui le persone costruivano la casa a seconda che ci fosse molta pioggia, o neve, freddo, o caldo, stanno scomparendo a vantaggio dei blocchi di cemento con plastica e alluminio, materiali prefabbricati. Queste non sono economie di scala, sono economie in cui prevale l’egemonia del grande e del globale, a discapito delle economie locali e nazionali di tutto il mondo. Perciò, il lavoro, i mestieri, la conoscenza che permette di costruire le case e coltivare cibo in maniera legata al clima e alla produzione diversificata, la pesca, la silvicoltura, il modo con cui otteniamo i nostri tessuti, tutto questo è stato distrutto anche dalla maniera in cui noi istruiamo i nostri giovani a lavorare, ad essere individui economicamente produttivi.
Il punto di forza del movimento per l’economia locale è che dobbiamo iniziare a osservare da due punti di vista: da quello delle iniziative delle comunità e da quello dei cambiamenti politici. Se cominciamo a muovere alcune delle nostre tasse e a riformare i regolamenti verso un cambiamento di direzione, vedremo un cambiamento molto velocemente. Lavoreremo con i bisogni delle persone che ovunque vorrebbero avere le capacità per fare un lavoro produttivo, risponderemo al bisogno di riconnetterci alle nostre comunità, alle nostre regioni, ricostruire quel senso di interdipendenza e identità comunitaria. Ricostruire quel senso di identità è infatti la maniera più importante per ridurre la rabbia, la violenza, frustrazione, lo stress, la depressione epidemica che sta crescendo in tutto il mondo. Questa è la strategia vincente della nostra battaglia per la localizzazione.
Per noi la localizzazione è l’economia della felicità perché aiuta il nostro sé interiore, la nostra interiorità psicologica e spirituale, e ci permette di riconnetterci con il mondo vivente attorno a noi. Per non essere isolati in alte torri a guardare schermi, senza sapere nulla del terreno sotto i nostri piedi, delle piante attorno a noi, per riconnettersi con la vita. E’ stato dimostrato in innumerevoli terapie che le persone dei Paesi industrializzati soffrono di alcolismo, violenza, abusi, droga. La costruzione di comunità e la consapevole connessione con la natura, con gli animali, con le piante, la vita, questo è ciò che porta di nuovo gioia e felicità.
Una transizione economica verso la localizzazione è il percorso strutturale verso un’economia della felicità. " Helena Norberg-Hodge
Guarda il trailer del documentario di Helena Norberg-Hodge"L'economia della felicità"

Nessun commento:

OLD-POST: