lunedì 2 agosto 2010

COMMERCIO ULTIMO ATTO: la lettera integrale inviata alle istituzioni interessate e organi d'informazione locale.

  •  Al Presidente Consiglio Regionale Avv. Michele Picciano tutti i componenti.
  • Al Presidente Commissione Commercio Dr. Rosario De Matteis tutti i componenti. 
  •  Agli organi d'informazione locale.
COMMERCIO ULTIMO ATTO.
Battute finali sulla riforma del commercio ma ora le responsabilità si fanno davvero pesanti: non basteranno gli annunci come spot promozionali, occorreranno strumenti efficaci e tutele a 360°.
Se nonostante le innumerevoli argomentazioni portate da Commercio Attivo per dimostrare l'inadeguatezza di una legge che non mira a proteggere il territorio ma a tutelare gli interessi di pochi, si persevera allora vi lanciamo una provocazione: se liberalizzazione deve essere che sia totale e ognuno faccia del mercato ciò che desidera!Com’è possibile in tutto ciò considerare che la panacea dei mali del commercio siano le aperture festive? Dal 2007 a oggi lo scenario del commercio previsto da noi piccoli si è drammaticamente e precipitosamente rivelato reale. Una riforma del commercio può e deve tutelare i più deboli ma le trentadue aperture festive a base unica regionale chieste dalle confederazioni locali faranno solo il gioco di chi ha più cartucce da sparare. Non è forse il ” lavoro “ perso e quello mai nato la morsa che stringe i cordoni della borsa dei molisani?
Sin dalle prime battute, la nostra associazione ha proposto venti aperture festive ma con tre calendari
suddivisi per le tre aree principali del Molise in considerazione delle diverse esigenze presenti sulla costa piuttosto che nelle aree interne. A oggi l'annoso dibattito è anche superato perché qui la lotta si fa più dura: come fare per restare in piedi. I molisani avranno meno ospedali, meno trasporti, meno scuole, meno produttività, più tasse. E tanto per essere chiari, le aziende con sede sociale fuori dal Molise paga le tasse nella regione di riferimento.
Abbiamo presentato, in occasione degli Stati Generali dell'economia, alla Regione Molise un progetto sui distretti urbani del commercio che rimette in gioco il territorio regionale nella sua interezza, abbracciando la miriade di piccoli comuni che fanno da corona ai centri più grandi (Termoli, Isernia, Campobasso), rimodulando le sinergie e le funzioni del buon vivere nella nostra piccola comunità sociale, rispettandola, proteggendola aprendone gli orizzonti secondo la teoria della sussidiarietà. Il Federalismo incomberà sulle province e i comuni in maniera devastante non solo dal punto di vista economica e fiscale ma anche stravolgendo il concetto di Stato e mi riferisco al federalismo demaniale. Cosa ne sarà del patrimonio naturale e artistico del Molise ancora più esposto a varie compromissioni?
Su come sia stato speso il denaro pubblico, non va discusso per noi in questa sede, ma su come impedirci di morire possiamo urlare. Tutelare il tessuto economico locale non è un’opzione ma una condizione essenziale. Un Molise efficiente e attrattivo vale molto di più di un singolo finanziamento significa prospettiva, innovazione, sviluppo.
A nostro parere, come un medico dinanzi ad un malato artefice dei propri mali, nessuno può esimersi dall'affrontare una cura quando è in gioco la vita. Stati Generali poteva essere uno straordinario luogo di confronto-scontro. Tutti gli attori del sistema avrebbero dovuto affollare la discussione su come uscire dalla crisi in Molise, magari urlando, litigando imponendo quel rigore che il momento merita, sapendo che domani sarebbe troppo tardi per molti. Molti gli assenti, salvo poi intervenire con la passerella finale e con la firma del Patto. Queste le strane cose che la gente “ normale” non capirà mai perché in realtà ognuno rappresenta se stesso più che il bene collettivo.
In Italia si stima circa 100mila negozi chiusi negli ultimi cinque anni che tradotti in cifre di occupazione valevano almeno 250mila posti di lavoro. Di chi sarà la responsabilità? Lo sappiamo e siamo stanchi di ripeterlo. Troppi gli affari in gioco. C'è chi progetta, chi costruisce, chi ingrossa le lobbies, chi fanno affari sul valore dell'occupazione salvo poi agitare la minaccia del licenziamento sulle persone che lavorano e che contano come numeri più che come esseri umani. In questa regione con uno sviluppo economico rallentato, una popolazione invecchiata, la carenza di lavoro e una cassa integrazione aumentata del 358% (dati CGIL) potrebbe restare aperti anche la notte, ma il prodotto non cambierebbe.
Si stima -queste le dichiarazioni di Marco Venturi presidente CONFESERCENTI nazionale - che in breve tempo in Italia avremo oltre 5000 comuni e tanti quartieri delle città senza negozi. Le liberalizzazioni, i ritmi delle aperture delle grandi strutture commerciali hanno avuto il loro effetto devastante. Più attenzione dunque ai piccoli che esistono e resistono più che incoraggiare nuove aperture, per non doverci ritrovare poi in città nude e senz'anima.
Tutti gli strumenti della progettazione territoriale (sviluppo urbano, aree svantaggiate, ecc) sono fermi al palo in mezzo ad un mare di inadeguatezze tra servizi, infrastrutture e trasporti.
Noi di Commercio Attivo, siamo i piccoli: “La pancia del Paese” come ci definisce Dario Di Vico in un suo libro e chiediamo allo Stato, alle Istituzioni Regionali e agli Istituti di Credito, soltanto di semplificarci la vita. Sostenendo le imprese sane, che vivono e operano onestamente, attraverso il controllo sulle mistificazioni, tutelandoci da prevaricazioni di ogni genere e grado, e dalle contraffazioni, senza girarci troppo intorno. Sostenere chi resiste, chi vive e lavora in zone svantaggiate per fermare un vero e proprio fenomeno di rendere deserto dei centri urbani causato certamente dalla grave fase critica ma anche dalle liberalizzazioni delle autorizzazioni partite nell'ormai lontano 1995. L'economia di una regione si basa sull’efficienza delle funzioni, sul valore e la preparazione a ogni livello ma soprattutto facendo principe il dialogo generoso tra Istituzioni, partenariato economico e sociale e cittadino. Per una volta nella vita abbandonando le logiche del potere e del denaro ma ricordando solo di essere figli del Molise.
L'Italia ricca di tante produzioni locali che creano innovazione e fantasia, si è perduta nei meandri del mercato globale irrimediabilmente, delocalizzando la produzione per abbattere i costi, appiattendo la creatività, corrompendo la qualità, offuscando il made in Italy. Interi settori produttivi sono scomparsi e tante, tante fabbriche italiane passate in mani straniere, nell'indifferenza generale. Ciò che continua ad agitare il sonno degli imprenditori italiani è sempre la Cina. Ciò che dobbiamo invocare è la “reciprocità” nelle politiche commerciali. Lottare contro la contraffazione facendo controlli alla produzione senza dimenticare le verifiche sul dettaglio. Dunque occorre una riforma ed il consumatore più che protetto va informato.
Secondo l'autorevole parere del CNEL per salvare la nostra economia è necessario l’affiancamento di azioni immateriali, prevalentemente a carattere sociale, la riqualificazione fisica degli spazi, e il coinvolgimento diretto degli abitanti negli aspetti decisionali per superare l’emergenza e la contingenza, che spesso caratterizzano gli interventi nel Mezzogiorno. Attivare funzioni di servizio alle persone e all’ambiente e l’insediamento di piccole attività artigianali e commerciali, può costituire il punto di partenza per creare, nel quartiere stesso, opportunità di occupazione. Infine, i temi della legalità e della sicurezza rimangono centrali, condizione necessaria per supportare l’insieme articolato degli interventi che possono produrre condizioni di vita normale. Pur non vivendo in una delle realtà più difficili del Mezzogiorno, bisognerà avere gli occhi aperti per non assistere alla sostanziale riduzione dei diritti di cittadinanza e al rischio delle infiltrazioni malavitose.
Campobasso, 31/07/2010
                                                                                                                             

CommercioAttivo

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