domenica 24 novembre 2013

Movimenti/ Le “Pmi che resistono” ora passano alla serrata


di Claudio Del Frate
Anche le imprese, nel loro piccolo, si sono stancate di resistere. E così, il popolo delle partite Iva, dei commercianti, degli artigiani, di fronte all’immobilismo della politica, decide di compire il passo mai fatto prima: la serrata.
Il 27 novembre, per 4 ore, dalle 8 alle 12, chi aderirà alla protesta abbasserà la saracinesca dell’azienda, non risponderà né a telefonate e non invierà mail, paralizzerà per quanto gli sarà possibile la produzione e si farà vedere nelle strade e nelle piazze.
L’inedito sciopero degli imprenditori è stato organizzato da “Imprese che resistono” sigla manifestatasi al mondo nel 2009 quando i “piccoli”, gli “invisibili” dell’economia italiana decisero di rendere pubblicaattraverso assemblee spontanee da un lato la loro rabbia ma dall’altro la loro voglia di continuare a mandare avanti l’attività.
“Ma non vorremmo che perseverando in questo atteggiamento il governo si convincesse che, crisi o non crisi, noi continueremo comunque a lavorare e a far finta che tutto sta andando bene”: Luca Peotta, portavoce di “Imprese che resistono” così sintetizza il pensiero che ha indotto lui e i suoi colleghi a varcare il Rubicone. Fino a ieri erano 4.100 i soggetti che avevano espresso dichiaratamente adesione alla serrata “ma il passaparola sta funzionando e contiamo che se
scioperassimo oggi, la partecipazione sarebbe almeno doppia”.
“Lo Stato è il padre di famiglia che non si rende conto in che condizioni ha ridotto i suoi figli, cioè noi, il nostro mondo è in ginocchio e dalla politica non arrivano le decisioni in grado di far ripartire l’economia” prosegue Peotta.
Stato d’animo emerso già in maniera virulenta il mese scorso quando 1.000 piccoli imprenditori riuniti a Busto Arsizio contestarono il ministro Flavio Zanonato al culmine di un’assemblea in cui a lungo rabbia e risentimento l’avevano fatta da padrone. Ma proprio per scongiurare una protesta cieca, Peotta chiarisce quali sono anche le proposte che la sua associazione avanza al governo, a suo dire in grado di dare fin da subito una spinta all’economia.
“Sono proposte da ‘casalinga di Voghera’, dettate prima di tutto dal buonsenso – spiega il portavoce – e riguardano entrambe la pressione fiscale”. Con la prima si chiede di istituire un’area di detrazione dall’Iva: chi acquista beni o servizi per almeno 11mila euro (ma la cifra viene considerata “trattabile”) generando così un gettito fiscale di circa 2mila euro, può inserire quella cifra in detrazione nella dichiarazione dei redditi.
La seconda richiesta riguarda invece l’Irap:
“Faccio mia la dichiarazione del presidente di Confindustria Squinzi – riprende Peotta – che al convegno di Cernobbio si è detto disposto a rinunciare a tutti gli aiuti dello Stato alle imprese; la cifra corrisponde grosso modo al gettito del’Irap. E allora propongo che le imprese anziché pagare l’imposta, per il 50% la reinvestano in azienda e per l’altra metà la inseriscano nelle buste paga dei loro dipendenti, generando un duplice ciclo virtuoso per l’economia”.
Le adesioni alla protesta stanno arrivando da tutta Italia, con numeri più alti in Piemonte e in Lombardia ma con significative risposte anche dal Lazio e dalla Puglia.
twitter@claudiodelfrate

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