lunedì 14 maggio 2012

Aziende in ginocchio: futuro nero nel lungo elenco dei cassaintegrati molisani - Primonumero.it

 FUTURO PRODUTTIVO IN MOLISE? UN VERO DISASTRO.
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I numeri della crisi
Aziende in ginocchio: futuro nero nel lungo elenco dei cassaintegrati molisani
Dalla Fiat ai Cantieri Navali, dalla Solagrital alla Comai alla Smit e a tutte le aziende molisane alle prese con una durissima emergenza occupazione. Lavori non pagati, fondi pubblici ridotti, banche indisponibili: le imprese presenti sul territorio molisano sono sempre più in affanno e chiedono l’intervento della politica regionale. Ma non bastano solo ammortizzatori sociali e bandi fumosi: serve un piano industriale. Ecco cosa pretendono le organizzazioni sindacali e datoriali. Dal ciclo di audizioni della seconda commissione emerge un quadro devastante. Il focus sul settore del metalmeccanico: 500 famiglie molisane tirano avanti grazie alla cassaintegrazione, ma la situazione generale è ancora peggiore.
di Redazione Campobasso
Se ci fosse un assessore nella sede dell’assessorato regionale al lavoro - la delega la sta tenendo in mano il governatore ancora adesso dagli inizi di questa nuova legislatura, sicché, com’è evidente, manca un referente politico con cui si sia facile dialogare delle numerose, infinite vertenze aziendali -, probabilmente starebbero lì ogni giorno a presidiare i gruppi di lavoratori che sistematicamente si posizionano a Campobasso davanti alla sede del consiglio regionale. Arrivano da ogni parte del Molise. L’emergenza lavoro non conosce confini e distanze. 

Non c’è impresa nel settore metalmeccanico anche nel ramo commerciale, in Molise, che non abbia richiesto una forma di sostegno pubblico. Tra queste 27 hanno ottenuto la concessione dell’ammortizzatore sociale Cassa integrazione in deroga o speciale, segno che le aziende soffrono ovunque. E soprattutto soffrono, ma sopravvivono, 500 famiglie. Per altre centinaia, migliaia è più giusto dire, il destino è stato più duro, lasciando a casa chi portava lo stipendio ogni fine mese.

Delle difficoltà del mondo produttivo regionale tornerà a occuparsi il consiglio regionale nella seduta monotematica convocata per domani, martedì 15 maggio. Le risposte dovute non possono essere più rinviate. Come non può essere più trascuratala redazione di un vero piano industriale per questo territorio: sindacati, organi datoriali, imprenditori lo richiedono con urgenza. Invano da anni. 
In affanno infatti tutti i nuclei industriali del Molise. A cominciare dal più importante, quello di Termoli. Sebbene sia vero che in una certa maniera resiste nella sua attività, il consorzio della città adriatica non è immune da rischi seri. La questione Fiat è vissuta come una spada di Damocle molto temibile. L’importanza dello stabilimento dell’auto è facilmente comprensibile, non solo come lavoro diretto ma pure per indotto, come comprensibili sono le conseguenze della paventata delocalizzazione. Ma a Termoli ci sono anche i Cantieri navali: un mondo glioroso che da tempo arranca, anche questo. Stentano invece i comprensori di aziende di Venafro e Pozzilli. E le risorse messe a disposizione dalla Regione, per molti operatori, non sono assolutamente sufficienti. Non consolano i 28 milioni di euro da poco sbloccati. Molte nubi e molto scetticismo su queste nuove misure.

La crisi, è chiaro, non risparmia nessuno. Dall’agroalimentare (la Solagrital è a rischio crac) alle costruzioni, non c’è ramo che non conosca un pesantissimo momento di stallo. Di recessione vera e propria. La classe politica regionale per questo, forse con tempi troppo dilatati rispetto all’urgenza effettiva da anni sollevata, ha avviato un ciclo di audizioni, condotte dalla seconda commissione consiliare. Tali incontri hanno trovato la loro summa in un censimento dello sfacelo. Con un focus particolare nel settore del metalmeccanico. Larino, Macchia d’Isernia, Bojano, Spinete, e ancora Campobasso, Venafro e Termoli, senza tralasciare i centri più piccoli, non c’è città o paese del Molise che non contempli un’azienda che non abbia fatto ricorso agli ammortizzatori sociali. Che in fondo significano già una cosa: sopravvivenza e speranza di un ritorno alla normalità. Chi non ha potuto accedere alla cig ha licenziato. Fine della corsa e fine di ogni certezza mensile.

E così alla luce di un quadro seriamente preoccupante, dopo continue sollecitazioni, a Palazzo Moffa si sta cercando di capire se esista la possibilità di intervenire per sostenere le imprese evitando chiusura o delocalizzazione delle aziende. Sulle cause non ci sono più dubbi. Tra rappresentati sindacati e datoriali, è lungo, molto lungo, l’elenco dei motivi che hanno prodotto e stanno producendo questo disastro, al di là della crisi finanziaria che fa vacillare l’Italia intera. Le banche che difficilmente erogano prestiti, i lavori non pagati, i fondi pubblici ridotti. Come è lungo l’elenco dei dipendenti in cassaintegrazione del settore metalmeccanico. I numeri sono preoccupanti. Ecco, quelli registrati nel report della seconda commissione regionale.
Alla Elettric system Automation di Larino c’è un solo dipendente ed è in cassa integrazione. Alla Dr Motor di Macchia di Isernia 7 dei 67 usufruiscono degli ammortizzatori sociali. La Dbm impianti di Spinete ne ha 9 su 13 in cig. 6 su 9 per la Munno di Bojano. A San Martino in Pensilis c’è la Cogeit con 2 operai su tre cassaintegrati. Stessa situazione per la Vitale di Ripalimosani. Tre su tre per la Fimiani di Vinchiaturo, stessa storia per la Bave di Campobasso. E ancora così per Idrotecnosud di Carpinone e per la Micro Bio devices di Filignano. E due su due per la Discenzo di Campobasso. Godono della cig 7 dipendenti della a Bauers a Pettoranello, azienda che nel totale vantano 8 lavoratori. Alla Cantieri navali spa ci sono 46 operai in cigs su 52. Numeri grossi anche alla Geomeccanica di Venafro: 66 su 68. A Setacciato ancora l’Elettrotecnica ha richiesto gli ammortizzatori sociali per 3 dei 6 dipendenti. 5 su 7 si trovano nelle stesse condizioni per la Esposito di Mirabello Sannitico. Uno su due per la Ientilucci di Campobasso, mentre tutti i 19 della Metalzilembo di Jelsi sono in cig. En plein ancora (3 su 3) per la Piscitelli di Frosolone.Cifra complessiva: 191 lavorati in cassa integrazione in deroga.

36 operai su 36 operai tirano avanti alla Comai di Petacciato con la cassa integrazione straordinaria. 43 su 43 alla Mobitalia – unità produttiva di Termoli e 60 su 86 alla Sata Sud di Pozzilli. Sempre a Pozzilli nella Rer tutti i 24 dipendenti sono in cigs.
 32 su 32 alla Smit di Termoli. 15 alla Valentino serramenti di Santa Maria del Molise. 26 su 28 alla Work and Technology di Pozzilli, 63 su 69 alla Eta. Totale unità lavoratori – come si dice in gergo – 299 in cigs. 

Di chi è la colpa? Qual è, se c’è, la via d’uscita? Nei confronti della classe dirigente locale, il mondo degli artigiani, ad esempio, non ha avuto dubbi a puntare il dito contro la Regione Molise perché non finanzia più la legge che favoriva l’acceso al credito alle microimprese. Credito e liquidità rappresentano un problema asfissiante per lavoratori e titolari di aziende. Va da sé che i fondi pubblici sono quello che sono: pochi ormai e spesso mal distribuiti. Al punto da ingenerare solo sfiducia. Per il mondo femminile manca ogni forma di tutela anche per favorire l’ingresso nel mondo lavorativo. La prova dello sconforto è arrivata nella diserzione delle aziende del metalmeccanico alla convocazione in seconda commissione. Delle 15 invitate, rispondono solo in tre: Cantieri Navali, Smit e Fratelli Manes. Tre nomi importanti. Cui non si aggiunge, però, la Fiat powertrain. Ed è un segnale accolto piuttosto male: nell’elenco delle cigs non c’è menzione della casa produttrice di automobile. Intanto la storia delle tre aziende è la storia di tantissime altre. Sempre uguale nella sua portata di tragicità.
Alla Cantieri navali spa degli originari 100 lavoratori, in azienda oggi ne restano solo 48, tutti in cassa integrazione. E la Cantieri navali srl, realtà distinta dalla prima, potrebbe sopravvivere se le venisse concessa un’estensione dell’area demaniale. La Smit di Termoli, che si occupa di autogru e noleggio, è in affanno perché non riesce a riscuotere crediti nei confronti di altre aziende. Alla Smit lavorano 32 dipendenti, tutti in cassa integrazione. E in cassa integrazione sono tutti i 43 dipendenti della Fratelli Manes. Questa impresa opera nel settore dell’elettrificazione ferroviaria.Morose nei confronti della società di sono le Ferrovie dello Stato, che da sette anni non pagherebbero in parte quanto dovuto all’azienda molisana.

Ora, se non pagano le Ferrovie, è facile capire come non riescano a pagare soprattutto i più piccoli. E la catena della crisi diventa un tuttotondo di disperazione.Il mancato pagamento delle commesse è la vera piaga del mondo imprenditoriale.
Cosa può fare la politica, la politica di una piccola regione che ha corso il serio pericolo di un vero linciaggio mentre tentava di allungarsi la vita consiliare - con indennità e privilegi da capogiro? A Palazzo Moffa sta per essere istituita una task force. Per i numeri complessivi del disastro occupazionale sono inquietanti. 10 mila lavoratori nel totale che tirano avanti grazie agli ammortizzatori sociali. Questo da una parte. Dall’altra tutte le migliaia di operai senza diritti. Stagionali, avventizi e in nero. Al peggio non c’è mai fine davvero. (sv)

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