Corriere del VenetoVENEZIA —
Si ribellano, i commercianti veneti, all’aumento delle aperture domenicali da 12 a 20 annunciato dall’assessore all’Economia Isi Coppola, che già martedì intende portare in giunta regionale la relativa proposta di legge. La ratio? Tutelare i centri commerciali dalla concorrenza dei colossi delle regioni limitrofe, più ricche di aperture festive. «Siamo sbigottiti e indignati — attacca, Massimo Zanon—non ci capacitiamo della miopia e della superbia politica di chi dovrebbe tutelare le imprese-servizio come i negozi di vicinato e invece le affossa creando squilibri nella distribuzione e compromettendo il territorio, assegna aperture come se piovesse e non accetta il confronto con le parti sociali». Secondo l’associazione di categoria questo modus operandi creerà il deserto nelle periferie e nei centri storici, già bui e insicuri nelle aree prive di negozi.
«Non siamo contrari a lavorare la domenica— chiarisce Zanon —
chiediamoci però se ha un senso, se il rapporto costi/benefici dei piccoli negozi sia uguale a quello dei grandi centri. Il gioco non vale la candela, perchè c’è crisi e i soldi delle famiglie non si moltiplicano di domenica e poi il consumatore invecchia e non ha più rivendite sotto casa. Di tutto ciò farà le spese anche il turismo: un albergo centrale in un’area dismessa e senza vetrine non penso abbia un grande futuro». In attesa della riunione di domani con le categorie interessate, ieri sera Isi Coppola ha incontrato a Battaglia Terme il presidente di Ascom Padova, Ferdinando Zilio, e i sindaci del Comune ospitante, di Abano,Montegrotto, Galzignano e Monselice. Tutti preoccupati per la nascita di una nuova cittadella della shopping a Due Carrare (Padova) e di altre in diverse parti del Veneto. «E’ obbligatorio bloccare l’ulteriore espansione della grande distribuzione — avverte Zilio — altrimenti assisteremo alla morte del piccolo e medio commercio, quest’ultimo già spazzato via da outlet gestiti da stranieri e capaci di cancellare quattro posti di lavoro per ogni assunzione. I centri storici sono inoltre penalizzati dalle aperture domenicali, a meno che la Regione non finanzi interventi di ristrutturazione e riqualificazione, insieme ad un calendario di manifestazioni. Stavolta ci devono ascoltare, vogliamo partecipare alla stesura della nuova legge sul commercio e soprattutto vogliamo contare. Basta con le preferenze per palazzinari e industriali. Altrimenti — promette Zilio — gli indignati torneranno in piazza».Sul piede di guerra anche Confesercenti. Dice il presidente regionale Pier Giovanni Brunetta: «In un momento di crisi è assurdo proporre l’aumento delle aperture domenicali a fronte degli oltre 400 negozi chiusi in Veneto, a causa dei costi insostenibili e del calo dei consumi. Gli esercizi di vicinato non sono in grado di sostenere i superiori costi di gestione generati dal lavoro festivo e non compensati da maggiori consumi. E’ invece un regalo alla grande distribuzione. E’ vero che Lombardia e Friuli hanno un calendario più ampio, ma non dobbiamo copiare i cattivi esempi, anche perché pensiamo sia giusto lasciare agli operatori di settore uno spazio per il riposo, la famiglia e gli amici»
Venti aperture domenicali i negozianti già in rivolta - Corriere del Veneto
2 commenti:
Anche nel ricco Veneto se ne sono accorti.Proteggere il mercato interno vuol dire salvare il Paese.
...Dimenticavo.E pensare che in Molise le associazioni facevano a gara a chi chiedeva più aperture festive,bisognava "omogeneizzare".Poi il diluvio.
La crisi annunciata ci sbatte in faccia la verità.Dove sono i consumi?
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