La legge di bilancio riforma completamente la disciplina fiscale e
contabile delle imprese minori, vale a dire le imprese in
contabilità semplificata che non abbiano optato per la tenuta
della contabilità ordinaria. Vediamo, attraverso una serie di esempi
pratici, quali possono essere le conseguenze per l’impresa di
piccole dimensioni.
La novità prevede l’abbandono del principio di competenza per
la determinazione del reddito in favore dell’adozione del principio
di cassa così come previsto per gli esercenti arti e
professioni. Il nuovo regime si caratterizza per il fatto che le
componenti economiche rilevanti concorrono alla formazione del
reddito nel momento della loro manifestazione numeraria, vale a dire
all’atto del loro incasso (se positivi) o pagamento (se negativi).
La riforma in commento non ha previsto la riformulazione del regime
delle perdite fiscali, che restano utilizzabili in riduzione del
reddito complessivo, nel limite del loro ammontare, senza la
possibilità di riportare l’eccedenza ai periodi d’imposta
successivi (art. 56 comma 2 del TUIR).
La riforma in commento prevede che il reddito d’impresa del
periodo d’imposta in cui si applicano le disposizioni relative alle
imprese minori in regime di contabilità semplificata è ridotto
delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito
dell’esercizio precedente secondo il criterio di competenza. Il
passaggio dal criterio di competenza a quello di cassa prevede quindi
la rilevanza, quale componente negativo, dell’importo delle
rimanenze finali dell’anno precedente.
Si prenda in considerazione un’impresa commerciale che al
31/12/2016 (per comodità espositiva abbiamo assunto le rimanenze
iniziali di pari importo a quelle finali) si trovi nella seguente
situazione:
Al 31/12/2017 le rimanenze rilevano ai fini della determinazione del
reddito e
(assumendo per comodità i medesimi costi e ricavi
caratteristici) con il regime di cassa si determinerebbe la seguente
situazione:
Per la maggior parte delle imprese di piccole dimensioni che operano
nel commercio, l’imputazione delle rimanenze iniziali quale
componente negativo nella determinazione del reddito genera un
consistente risultato negativo e tale super perdita di 170.000 euro,
allo stato normativo attuale, non potrà essere riportata negli
esercizi successivi.
Ammettiamo l’ipotesi che l’impresa nel 2018 abbia venduto un
quarto delle merci esistenti in magazzino applicando un ricarico
medio del 20%. Sempre a parità di costi e ricavi tipici, si
determinerebbe la seguente situazione:
Alla super perdita virtuale del 2017 farà seguito un super reddito
altrettanto virtuale per il 2018, con conseguenze negative per
l’impresa, che dovrà versare imposte su utili fittizi senza la
possibilità di riportare le perdite del primo anno in modo da
compensare quell’utile fittizio. Il contribuente dovrà dichiarare
per il 2018 un reddito pari a 90.000 euro che risulta triplicato
rispetto all’anno 2016 esclusivamente in virtù di un artificio
contabile senza che quel reddito abbia alcuna corrispondenza nella
realtà.
Se l’impresa avesse determinato il reddito secondo il criterio
della competenza, il risultato sarebbe stato il seguente:
Il criterio di competenza avrebbe aggiustato il risultato finale
considerando tassabile solo il margine positivo che si determina a
seguito della vendita parziale delle merci in magazzino.
L’iniquità della norma è evidente: la super perdita del primo
anno, in ragione del fatto che non sia riportabile negli esercizi
seguenti, determina negli anni successivi al primo super redditi
tassabili per intero. È necessario correggere l’asimmetria che
viene generata dalla mancata previsione di riportare le perdite del
primo anno negli anni successivi in combinazione con la rilevanza
reddituale che si determina dalla vendita delle rimanenze di
magazzino. La norma correttiva dovrebbe prevedere il riporto delle
perdite generatesi nel primo anno di attività negli anni successivi,
senza limitazione alcuna.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN
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