giovedì 31 ottobre 2013

DODICIMILA CAPI DI BESTIAME IN ARRIVO NEL BASSO MOLISE GRAZIE ALLA POLITICA LOCALE E SENZA NESSUN PARERE PREVENTIVO DELLA POPOLAZIONE.

DA "LA FONTE DI NOVEMBRE 2013"
La notizia del giorno gran manze di Libera Molise
di Franco Novelli


L’associazione LIBERA - Associazione, nomi e numeri contro le mafie - ritiene opportuno intervenire nel dibattito aperto, soprattutto nel Basso Molise, sul problema relativo al progetto della Granarolo di trasferire su 1 Km quadrato di territorio molisano dodicimila manze in attesa che venga resa pubblica (come da normativa vigente D.L.gs 152/06) la proposta di piano o programma e il relativo rapporto ambientale (che costituisce parte integrante del piano e ne accompagna l’intero processo di elaborazione e approvazione ma che a tutt’oggi è tenuto nascosto) per fare in modo eventualmente, di riconsiderare le posizioni preconcette e presentare le proprie osservazioni, obiezioni e/o suggerimenti.
Dall’analisi delle innumerevoli pubblicazioni scientifiche, rese a tutti disponibili dai correnti mezzi di informazione si evincono le considerazioni che di seguito si riportano.
benessere animale e interessi economici
La denuncia delle cattive condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi non è recente: essa risale a metà degli anni 60, dopo la pubblicazione del saggio di Ruth Harrison, Animal Machine. In seguito a tale pubblicazione il governo inglese fu costretto ad istituire un’apposita commissione d’indagine, passata alla storia come “commissione Brambell” dal nome del medico veterinario che la presiedeva. Nel 1965 questa commissione pubblicava il “Brambell Report” divenuto punto di riferimento per lo studio del benessere animale, offrendo per la prima volta una definizione scientifica di benessere animale e stabilendo precisi parametri di riferimento che non prendono in considerazione solo quelli riconducibili ad un concetto etico ma soprattutto valutabili e quindi misurabili. Detti parametri possono essere racchiusi nelle famose 5 libertà: 1- libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, 2- libertà dal disagio ambientale, 3- libertà dal dolore dai traumi e dalle malattie, 4- libertà dalla paura e dallo stress, 5- libertà di poter manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche.
L’evoluzione storico-culturale del rapporto uomo-animale, che non vede più gli animali come oggetti asserviti all’uomo (il dominio dell’uomo sulla natura non deve essere trasformato “in tirannide che devasta la natura” come sostiene Monsignor Ravasi) ma portatori di diritti in quanto “esseri senzienti”, ha nel corso del tempo ampliato ed integrato il concetto di benessere.
Si è così arrivati alla definizione di benessere formulata dal Farm Animal Welfare Council : “vita degna di essere vissuta”, intendendo cioè la possibilità di offrire agli animali opportunità per esplorare l’ambiente, cibarsi di ciò che preferiscono o mettere in atto comportamenti che diano loro soddisfazione. Ci sembra di capire che l’allevamento intensivo per la fabbrica di “macchine animali ad alta produzione di latte” da trasferire poi, al momento della produzione, in Emilia (e quindi non disponibili per il rilancio della zootecnia molisana) non risponda ai principi di vita degna di essere vissuta. Come viene riportato dalle indiscrezioni dei giornali locali, i vitelli a 10 giorni di vita (subito dopo la cicatrizzazione del cordoneombelicale) vengono allontanati dalle mamme per essere trasferiti in Molise ed alimentati con latte in polvere e avviare così il ciclo della famosa nursery per la costruzione “delle macchine da latte”. È forse utile ricordare che in natura una vacca produce il latte sufficiente esclusivamente per alimentare, per il tempo necessario, il proprio vitello. Fabbricare macchine da latte, che producono circa 60 litri di latte al giorno, con una alimentazione spinta,
casomai con mais OGM (ritenuto meno attaccabile dalle muffe produttrici di aflatossine ma soprattutto patrimonio delle multinazionali) per essere riformate (destinate alla macellazione) all’età di circa 5/6 anni (dopo 3, massimo 5 parti poiché la produzione spinta e le modalità di allevamento comportano problemi anche di fertilità), è una contraddizione stridente in tema di benessere animale, poiché la vita di questi animali si rivelerà una vita poco e per niente “degna di essere vissuta”. È noto infatti come gli animali della specie bovina subiscano situazioni di STRESS derivanti dal repentino cambiamento di condizioni ambientali: il trasporto, lo svezzamento, i cambi di alimentazione e la formazione dei gruppi ne rappresentano tipici esempi. Pertanto, una cattiva gestione dell’igiene dei ricoveri e del management aziendale in queste fasi potrebbe comportare l’ insorgenza di patologie condizionate (gastroenteriche e respiratorie) oltre alla riduzione dell’ accrescimento ponderale, soprattutto se i soggetti non riusciranno ad adattarsi adeguatamente all’ambiente. A tale proposito bisogna tener presente che esiste una notevole variabilità su base genetica delle capacità di adattamento ambientale. A parità di stimoli esterni alcuni individui reagiscono con modesti aggiustamenti omeostatici, altri saranno costretti a risposte compensative molto più elevate, altri ancora saranno incapaci di allestire una adeguata risposta allo stimolo dell’ambiente, manifestando segni di malattia.

sostenibilità ambientale
Chi conosce il territorio molisano sa che i prodotti tipici molisani (scamorza, caciocavallo, burrate, ricotte etc.) devono essere prodotti con latte proveniente da razze rustiche a duplice attitudine, del tipo Bruna Alpina o Pezzata Rossa, allevate possibilmente al pascolo, che producono un modesto quantitativo di latte ma ricco di materia grassa e giusto tenore proteico. È su questo tipo di allevamento sostenibile che un programma di ristrutturazione della zootecnia molisana deve puntare anche nel rispetto del documento elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite il comitato nazionale per la bioetica del 28/9/2012 - alimentazione umana e benessere animale-. Tale importante documento analizza, in maniera approfondita, il benessere animale nella prospettiva della scienza e dell’etica della biocultura (scienza che si occupa dei problemi morali relativi al rapporto di gestione tra esseri umani e non umani, ribadendo la responsabilità dell’uomo riguardo al benessere animale). Il testo tra l’altro afferma la necessità di “pervenire ad una valutazione globale che esamini il problema alla luce di un ampio e lungimirante concetto di vantaggio per la società nel suo complesso, compreso quello del mondo produttivo, nel rispetto della salute umana, del benessere degli animali e della sostenibilità ambientale”. Ed è sul concetto di “sostenibilità ambientale” che è necessario aprire un altro confronto di riflessione. È noto, dalla lettura di riviste specializzate, che la tecnica dell’allevamento intensivo c.d. “senza terra” (che ha rotto il rapporto animale/territorio) produce un impatto ambientale altissimo. Tale allevamento obbliga alle produzioni di monocolture per l’ approvvigionamento alimentare dei 12000 animali (ogni animale ha bisogno di circa il 3-3,5% di peso vivo di sostanza secca/die), trasformando così il paesaggio, mandando al diavolo il concetto di “biodiversità” (tanto cara ai fautori del progetto Gran Manze) e favorendo esclusivamente le multinazionali. Si ritiene sostenibile l’uso di enormi quantità di acqua (bene comune prezioso) utili per assolvere ai bisogni e le necessità dell’allevamento? Solo per fare un esempio: se si pensa che per ogni tonnellata di mais prodotto occorrono 1000 tonnellate di acqua, quanta acqua necessita per produrre tanto mais da alimentare 12.000 bovine? Considerando che un bovino in accrescimento necessita orientativamente di circa 50 litri di acqua al giorno (la vacca da latte beve fino a 200 litri di acqua al giorno), di quanta acqua c’è bisogno per abbeverare 12.000 capi? Quanta acqua bisogna utilizzare per pulire e disinfettare sistematicamente le strutture e le attrezzature utili all’allevamento e soprattutto smaltire le deiezioni animali? E inoltre quanti erbicidi, pesticidi e diserbanti (che finiscono nelle falde acquifere) sono necessari per produrre tutti gli alimenti necessari? È possibile concepire la costituzione dell’allevamento intensivo con l’intento principale di produrre deiezioni (che hanno più valore del latte perché utili a produrre energia)? È possibile consentire che il bene che produce più reddito, le deiezioni, debba essere appannaggio della Granarolo? Tali deiezioni, infatti, prodotte in enormi quantità, non possono essere stoccate per almeno 90 giorni in concimaie assieme alla paglia ed essere utilizzate quindi come ottimo concime naturale, così come avviene normalmente per l’allevamento tradizionale. Esse devono essere raccolte in enormi vasconi (ogni capo produce l’8-10% del peso vivo al giorno di deiezioni a cui si devono aggiungere le acque di lavaggio e le acque piovane provenienti dai recinti scoperti) e stoccate per almeno 4-6 mesi e pertanto risultano ricche, tra l’altro, di sostanze chimiche utilizzate sia per la profilassi che per la cura di eventuali animali malati.

rischi per l’ambiente
Il rischio ambientale rappresentato dal potenziale rilascio di farmaci (e dei loro prodotti di derivazione metabolica) nell’ambiente è oggetto di crescente interesse da parte del mondo scientifico, poiché la dispersione nell’ambiente di principi attivi o di loro metaboliti ancora in possesso di una attività biologica anche solo parziale può determinare il manifestarsi di effetti biologici indesiderati diretti, a carico di organismi non-target terrestri (microorganismi, fauna del terreno, insetti, piante) e acquatici (pesci, invertebrati acquatici, alghe) e indiretti, mediante passaggio nell’acqua di falda, alle diverse specie animali e all’uomo. Le suddette deiezioni, quindi, ricche di fosforo, azoto e sostanze chimiche costituiscono un grande problema ambientale e dovranno essere utilizzate solo in appositi impianti per la produzione di biogas (vedi tra l’altro il Piano Nitrati Regione Molise approvato con DGR 21/7/2006 n.1023 - BURM n. 29/2006). Inoltre, non dovrà essere sottovalutato l’inquinamento ambientale che verrà prodotto sia dai mezzi di trasporto (che quotidianamente devono muoversi avanti e indietro, per trasportare animali, alimenti, deiezioni) che dai gas serra (biossido di carbonio, metano e protossido di azoto) prodotti da 12.000 capi di bestiame allevati in uno spazio ristretto.

domande
La regione Molise in questo modo intende contribuire al rispetto del protocollo di Kyoto, tendente alla riduzione dei gas serra? Quali sistemi di monitoraggio ambientale verrebbero messi a punto in considerazione che l’allevamento intensivo e le monocolture provocano, come abbiamo sostenuto, effetti indesiderati e dannosi (l’abolizione della biodiversità, le modificazioni del paesaggio, un enorme consumo di acqua, l’impiego di prodotti chimici e pesticidi in misura eccessiva - vedi categorie di impatto ASPA)?

Tali domande potrebbero risultare retoriche. Ci sostiene però la convinzione che la tutela dell’ambiente è imposta, tra l’altro, da precetti Costituzionali (come affermano numerose sentenze di Cassazione) ed in particolare dall’art. 9 “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, e dall’art 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”. Ed è anche per questi motivi che si rende indispensabile la partecipazione di tutti i cittadini, singoli ed associati, ad ogni decisione che le autorità competenti volessero adottare in materia per rendere veritiero il motto propagandato da quasi tutte le forze politiche in campagna elettorale “il Molise di tutti”.
Libera Molise
bar.novelli@micso.net





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