di Umberto Berardo
Che l’Italia stia affondando sul
piano economico non è un’opinione, ma una costatazione oggettiva
derivante dai dati sul PIL, sulla produzione, sul consumo interno e
sull’occupazione che sono tutti negativi.
Molti opinionisti rilevano
l’immobilismo del governo, del parlamento e dei partiti che ormai
non riescono più a decidere e sembrano indirizzati tutti
all’attendismo in attesa di superare le crisi interne derivanti
dalle confusioni sulla linea politica, dall’incoerenza tra le
posizioni preelettorali e le decisioni successive, dall’incapacità
di definire un progetto per il superamento dello stallo e per il
rilancio dello sviluppo del Paese.
Questo governo avrebbe dovuto fare una
legge elettorale decente, rilanciare l’economia e l’occupazione,
ridefinire la spesa pubblica eliminando sprechi e privilegi
soprattutto nel finanziamento pubblico della politica, eliminare le
province, rendere più equo il sistema fiscale specialmente con la
lotta all’evasione ed all’elusione.
D’altronde un governo, che nasce
sulle intese tra posizioni non diverse, ma opposte, cosa avrebbe
dovuto esprimere se non la confusione e l’inerzia che ogni giorno
registriamo?
Non si toccano i privilegi perché
dicono tutti che si tratta di diritti acquisiti; non si sa
distinguere tra la prima casa di un povero e quella di un ricco;
sugli F-35, per i quali l’Italia spenderà 14 miliardi di euro per
l’acquisto e 52 miliardi di euro fino al 2050 per manutenzione ed
addestramento, si continua a sostenere che la pace va armata o si
balbetta falsamente sull’impossibilità di recedere dal programma.
La cosa peggiore, tuttavia, è che in
qualche decisione che si sta cercando di prendere si continua a
lavorare con decreti legge e voti di fiducia che sono la negazione
della sovranità del Parlamento.
A parte la legge costituzionale che si
sta cercando di approvare per dettare nuove e pericolose procedure di
modifiche alla Costituzione in deroga dell’art. 138, la verità è
che la nostra non è più una repubblica parlamentare, ma in effetti
si è già andati verso un presidenzialismo strisciante voluto da
lobbies finanziarie o da partiti che ormai nominano i parlamentari
impedendo ai cittadini di eleggerli con una scelta democratica.
Lo abbiamo scritto da sempre che le
istituzioni in Italia sono un’oligarchia o, se preferite, una
plutocrazia e che stanno impedendo decisioni democratiche sostituite
da diktat del FMI, della BCE o delle agenzie di rating.
Il problema, allora, per evitare la
catastrofe economica e il depotenziamento sempre crescente del
Parlamento, è quello di rimettere alle decisioni del popolo la
ridefinizione delle istituzioni.
Noi ci saremmo aspettati
dall’opposizione non solo la protesta, ma soprattutto proposte da
spingere e sostenere con forza nelle commissioni e nelle aule di
rappresentanza.
Nulla di tutto questo!
È lapalissiano: nessuno dei partiti
vuole davvero tornare ad una legge elettorale di tipo democratico.
Pertanto in
estrema sintesi, come cittadini, abbiamo un solo modo, a nostro
avviso, di rifondare la democrazia in Italia e di riportare il Paese
ad una governabilità accettabile della vita comune.
Bisogna organizzare immediatamente un
progetto d’iniziativa popolare per una legge elettorale che torni a
dare effettiva capacità di scelta al popolo ed impedisca
l’esasperata personalizzazione della politica che per molti è
diventato solo un mestiere troppo ben remunerato e non più un
servizio provvisorio alla collettività.
Se il Parlamento è immobile o nicchia,
gli italiani devono riprendere l’iniziativa alla base imponendo un
cambiamento delle storture che hanno portato l’Italia, soprattutto
negli ultimi vent’anni, ad una pesante involuzione nella vita
democratica.
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