Grande appello al passato … e alla cara vecchia lira. “Uscire dall’euro è meglio che seguire politiche suicide”. 
Così l’economista americano Joseph Stiglits. Il Premio Nobel rompe le righe e va controcorrente, in una fase tutta europeista. Stiglitz condanna i piani rigidi di austerità, critica la flessibilità senza protezioni nel mercato del lavoro. E trova nel ritorno al passato la ricetta per uscire dalla crisi. Dalle monete nazionali alla riduzione del potere bancario che ha preso il sopravvento sul quello politico.
Il premio Nobel risponde alle domande dei lettori del settimanale francese Le Nouvel Observateur http://www.rue89.com/rue89-politique/2012/09/13/joseph-stiglitz-la-fin-de-leuro-ne-serait-pas-la-fin-du-monde-235315 in un’intervista fiume. “Diventa urgente che l’Europa e gli Stati Uniti cambino la loro struttura economica”. “Nel diciannovesimo secolo siamo passati”, spiega Stiglitz, “dall’agricoltura all’industria. I lavoratori agricoli erano più del necessario e hanno dovuto fare le fabbriche. Ora siamo nella stessa situazione. L’industria è molto produttiva ma fornisce molti
meno posti di lavoro.”.
Lo spazio da occupare è il settore dei servizi che, secondo Stiglitz, manca. Ed è qui che i Governi possono trovare spazio. Entrano così in gioco i piani di austerità messi a punto dai Paesi membri. “La rigidità delle politiche non sono la soluzione. Non permette ai governi di aiutare le imprese a passare dalla vecchia alla nuova economia. Tutt’altro: limita le possibilità di sostegno”.
Puntare tutto dunque sui servizi: istruzione, sanità, cultura, turismo ecc.. Molti di questi settori sono pubblici e il settore pubblico deve sostenerli e rafforzarli.
Eppure gli Stati Europei insistono nella direzione di una unione. Secondo l’economista americano sbagliano: “credono che la crisi derivi da un atteggiamento troppo spendaccione. Ma l’Irlanda e la Spagna prima della crisi erano in surplus. Non sono state le spese a mandarle a fondo. E’ la crisi che ha creato il deficit. Non il contrario”.
Dunque una ricetta che fa eco al passato con quattro ingredienti bel distinti: mettere in comune i debiti, implementare un sistema finanziario comune, armonizzare le imposte e, infine, modificare il mandato della Banca Centrale Europea, che si concentri non solo sull’inflazione, ma anche sull’occupazione, la crescita e la stabilità finanziaria. Il tutto senza la Germania.” I tedeschi devono prendere in mano l’eurozona oppure uscirne. Ne gioverebbe l’Europa, che con una moneta indebolita aumenterebbe le esportazioni diventando più competitivi”.
L’esempio pratico per Stiglitz è la Spagna. E avverte: “la Spagna è in depressione, la metà dei giovani sono disoccupati. E cosa offre l’Europa? Aiuto, ma a certe condizioni. E queste condizioni sono basate proprio sugli stessi principi che hanno portato la Spagna alla depressione. Questa è la cura che uccide il paziente! Dire: ‘vi aiuterò, ma prima dovete suicidarvi’, non dà molte speranze.
Poi c’è un altro grande scoglio, e cioè il potere delle banche. Che oggi è anche politico. “E i politici sono guidati dal denaro”. Risponde l’economista al tema sui poteri. “Negli Stati Uniti, in particolare, devono trovare il modo di finanziare la loro campagna presidenziale. Poi devono ricambiare”. La ricetta di Stiglitz ricorda la proposta di Giulio Tremonti, ex ministro del Tesoro nel Governo Berlusconi: “Le banche devono separare le attività commerciali da quelle di investimento. Gli Stati Uniti non lo prendono in considerazione, ma è una buona idea”. 
Non servono quindi massimi sistemi ingegneristici o algoritmi per trovare la formula. Basta un po di storia …